ANGELI DEL MALE

Di Antonio Mecca
Puntata 8

Per Sara era giunto il momento del lancio in grande stile come sosia della famosa Laura Castorini.

Ben guidata da Piero Grignaschi, cominciarono a raffica le interviste sui giornali, i passaggi televisivi, le partecipazioni cinematografiche e, naturalmente, le sfilate super pagate. Per Angelo ci fu quello che gli era stato promesso: un incarico di consulente sull’immagine della nuova Star della moda ma non ci fu quello che lui aveva sperato più di ogni altra cosa: l’amore della suddetta Star. Gradatamente la ragazza, assorbita sempre più dal lavoro e dal jet-set, si allontanava da lui, dapprima con scuse, poi con promesse vaghe, quindi con sempre maggiore spudoratezza. Certo, lui era stato ben remunerato: il suo incarico era servito da maschera alla grande somma che gli era stata versata su un conto corrente aperto presso una banca svizzera: un milione di euro. Era la ricchezza, ma non l’amore. Angelo era in fondo un romantico. Che se ne faceva di quella immensa fortuna se una ancora più grande sfortuna gli gravava addosso: quella di vedere sempre più allontanarsi da sé la donna della quale si era perdutamente innamorato? 

Per colmo di sfortuna, poi, un altro incidente gli capitò poco dopo avere dato le dimissioni dalla polizia. Un giorno in cui era solo in casa ricevette la visita di Cesare Bardini, il suo ex collega di quella notte.

- Allora, Angelo - esordì l’uomo con tono di voce falsamente gioviale: - come va?

Lui era ancora abbastanza poliziotto da accorgersi dell’inganno celato dietro il sorriso e la voce dal tono ipocritamente simpatico. 

- Non c’è male - rispose guardingo. E tu?

- Potrebbe andare meglio, ma lo sai: il lavoro di poliziotto è quella mediocrità che è sempre stata.

E idem per il suo stipendio.

Savelli lo invitò a sedere. In casa non c’era nessuno, perché la donna di servizio aveva il suo giorno di libertà, e in quanto a Sara, be’: lei in casa non c’era quasi mai.

- Vuoi bere qualcosa?

- No, grazie. Come sai sono astemio.

- Come sai tra le bevande ci sono anche quelle analcoliche.

- È vero. Ma sto bene così, non ti preoccupare.

Ci fu un attimo di silenzio. Come una preparazione a un discorso che avrebbe fatto rumore. E infatti di lì a poco, Cesare Bardini disse:

- Angelo, la sera in cui Laura Castorini e il suo amante sono stati assassinati, tu dove ti trovavi?

Lui lo fissò con sguardo privo di espressione. 

- Cosa intendi dire?

- Quello che ti ho chiesto. Io so dove ero, ma tu invece dove eri?

Savelli non rispose. Il poliziotto continuò.

- Mi sono affacciato alla finestra un quarto d’ora dopo essere salito, quando mi sono recato in cucina per prepararmi un caffè. E ho visto che l’auto non c’era. Ti ho sentito arrivare solo cinque minuti dopo.

- E allora? – disse con voce dura il suo ex collega. - Quale è il problema?

- Quale è la soluzione, se mai. La soluzione è, ovviamente, una certa cifra, come in ogni problema che si rispetti. Vediamo se riesci a calcolarla in poco tempo.

Savelli sorrise. 

- Cosa stai cercando di dire, Cesare?

- È inutile che tu continui a fare il finto tonto. Sai benissimo che io so cosa è successo quella sera. Dalla casa della mia amica a quella dei non certo tuoi amici ci sono pochi chilometri, percorribili in pochi minuti. Quella famosa sera hai raggiunto corso Venezia e da lì la casa della Castorini. Ti sei fatto aprire con una scusa qualsiasi e quindi l’hai uccisa. Malauguratamente per lui c’era anche Dominici e così hai fatto fuori pure lui. Sei stato fortunato che nessuno abbia notato l’auto pattuglia ferma e vuota, e sei fortunato che io - pur sapendo - non parlerò. Se ovviamente non me ne darai ragione per farlo.

- Forse non ti converrebbe. Non mi pare che tu quella sera fossi esattamente al tuo posto.

Questa volta fu Bardini a sorridere. 

- Certo, sono in difetto. E se si verrà a sapere di questa storia, potrei anche rimetterci il posto. Ma a te succederà di peggio, lo sai, no?

Savelli annuì. 

- Eravamo proprio una gran bella coppia - disse. - Due figli di puttana ciascuno intento a perseguire i propri fini. Era quindi destino che dovessimo ritrovarci.

- Ma per poco, se pronuncerai la famosa frase.

- Quanto? – disse infatti lui.

- Credo che cinquecentomila euro rappresentino una cifra ragionevole.

- Cosa intendi farci, con quella somma?

- Per intanto, lasciare questo mestiere di merda che diventa ogni giorno che passa sempre più pericoloso. Poi, mi guarderò intorno e deciderò.

- E se guardandoti intorno rivedrai ancora me, cosa farai? Verrai un’altra volta a batter cassa?

- Credo proprio che la cifra che ti ho proposto sia più che sufficiente.

Savelli annuì. 

- E adesso cosa ti aspetti che faccia? Che apra il borsellino e ne cavi fuori questa somma in biglietti di piccolo taglio?

- No di certo. Ti lascerò il mio numero di conto corrente e tu ci verserai la somma. Oggi è martedì. Penso che una settimana di tempo sia più che sufficiente, non credi? Se entro martedì prossimo il mio conto in banca non sarà lievitato non avrò, come si suole dire, pane per i miei denti e quindi andrò dal magistrato e spiffererò tutto. Mi beccherò un cazziatone, magari la sospensione dal servizio, forse il licenziamento. Ma per te ci sarà ben altro.

Savelli annuì ancora. Dire che si era aspettato qualcosa del genere era forse inesatto; ma che la vicenda finisse per prendere quell’aspetto, be’: lì ci era andato molto vicino. 

- Cosa devo risponderti, Cesare? Che bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare?

Bardini aveva ridacchiato. – Ecco, bravo: la battuta, oltre che carina, è anche veritiera. Bada, Angelo, che io non ti giudico per quello che hai fatto. Hai avuto la tua carta e l’hai giocata.

Savelli sorrise, amaro. – Dammi il tuo numero di conto; e dammi qualche giorno di tempo.

- Te ne do sette, di giorni; non ti preoccupare.

Scrisse quindi su un foglietto il suo numero di conto corrente, che corrispondeva a quello di una banca lussemburghese. - Stai facendo la cosa migliore, credimi - e se ne andò tutto allegro.

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