IL GIOCOLIERE DELLA LETTERATURA 10

- Facciamo un giro? - le propose.

- Con la vostra auto? - si illuminò lei.

Frédèric guardò l'orologio. - Non devi riprendere servizio?

- Sì, è vero - constatò la ragazza fissando l'orologio. Erano trascorsi dieci minuti circa.

- Se vuoi, però, possiamo arrivare fino al floricoltore per poi fare ritorno.

Lei si entusiasmò come solo una ragazza giovane è in grado di fare.

- Oh, sì! Grazie!

Le aprì la portiera dalla parte del passeggero, poi dopo che lei si fu accomodata la richiuse e fece il giro dell'auto dalla parte posteriore per evitare che la ragazza avesse modo di fissare il suo lucido sguardo sulla sua appassita figura di vecchio. Sedutosi dietro il volante parve riacquistare una certa sicurezza, che andò aumentando una volta acceso il motore e soprattutto una volta partito. Naturalmente nelle stradine in discesa del paese non era certo consigliabile sfrecciare alla Manuel Fangio, ma una volta sulla strada statale invece sì. E poi ciò che conta in un'auto del genere è il lusso di cui l’interno rappresenta forse il massimo. Hélène, abbagliata dal lusso imperante, dall’odore di nuovo che cruscotto in radica, sedili in pelle, tappezzeria di seta emanavano, pareva quasi in trance. E non sapeva quanto era mille volte meglio lei perché giovane e bella. Il suo sorriso era pura magia, con gli occhi intensi, il bianco abbagliante dei denti, la pelle liscia e soda. Tutto. Tutto lui avrebbe voluto da lei restando giorni interi, amato da lei e osservato non più con l’ammirazione che ispirano il denaro e la fama bensì con l’interesse che è dato dalla giovane età.  

Ah, poter tornare indietro di cinquant'anni, quando il suo eroe si stava affacciando timidamente alla ribalta della letteratura poliziesca. E adesso il cinquantenario era arrivato, con due romanzi già usciti e uno in procinto di uscire il mese seguente, più un altro che nelle sue intenzioni doveva apparire prima di Natale.

L'orologio sul cruscotto segnava le 14,30.

- Che dici? - domandò lui. - Andiamo fino a Bourgoin-Jallieu e poi torniamo indietro?

- Approvato in pieno!

E così fu. Durante il percorso la strana coppia evitò di parlare, avvolta – soprattutto la giovane – dal fascino che la macchina irradiava. Lui schiacciò il chiodo, inebriato dalla velocità che quel mostro meccanico gli sapeva infondere.

Giunti in paese rallentò, per poi svoltare alla rotatoria, rientrare sulla statale e raggiungere Saint-Chef di lì a un quarto d’ora. L’accompagnò fino alla Casa di Riposo, che aveva fatto restaurare a proprie spese qualche anno prima.

- Ecco, signorina. Soddisfatta?

- Oh, certo che sì!

- Bene. Allora…

- Io domani sono di riposo. Quindi, se volete, potremmo rivederci.

Il cuore prese a balzargli in petto.

- Perché no? Domani…

- Anche stasera, se non avete di meglio da fare. Termino il turno alle sette, per poi riprendere dopodomani alle nove.

- Ah, meglio ancora! Allora… a stasera. Verrò a riprenderti qui, se la cosa non ti disturba.

- E perché dovrebbe? A stasera, Frédéric. E grazie.

Se ne andò, scendendo agilmente e camminando poi con passo scattante. Lui si incantò nell’osservare la sua figura snella. Snella come l'età che aveva.

Alle sei e mezzo era già tornato a Saint-Chef, dove aveva preso a girare a piedi per la piazza e poi un po’ più in giù, sul piazzale della scuola media nella quale aveva studiato poco e di malavoglia per tre anni, prima di frequentare l'istituto di ragioneria a Lione, dove con la propria famiglia: padre, madre, sorella si era trasferito. Ora quella piazza recava il suo nome, roba da non credere, e a lui veniva da ridere ogni volta che gli capitava di leggerlo sulla targa.

Ricordava bene i giorni in cui aveva varcato la soglia di quella scuola senza voglia alcuna di apprendere, di imparare qualcosa che gli potesse servire nella vita. Quelli erano stati anni perduti, anni noiosi e devastanti in cui si era sentito oppresso da uno studio a lui non congeniale. Perché a lui interessava soltanto la lettura dei classici, dei romanzi di avventura, di quelli polizieschi. Nella lettura la sua mente era libera di divagare, vagare e vogare sulle acque meravigliosamente limpide della fantasia. Quando ora si voltava indietro era preso da una duplice sensazione: da una parte gli sembrava che tutti quei decenni fossero volati, e dall'altra di essere ancora lo stesso disgraziato nonché sgraziato ragazzo di allora, timido e imbecille e pieno di sogni. Ma erano stati i sogni a fare la sua fortuna, e questo non doveva mai dimenticarlo. 

Antonio Mecca

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