L’Uomo del Banco dei Pegni - Edward Lewis Wallant

A cura di Stelio Ghidotti

INCIPIT

La sabbia compatta scricchiolava sotto i suoi piedi. Alla sua sinistra scorreva il fiume Harlem, a destra, oltre la strada, sorgeva il Community Center e al di là si stendeva la vasta città affollata. Alle sette e mezza del mattino New York era ancora immersa nel dormiveglia. In quel relativo silenzio, l’eco dei suoi passi pesanti e strascicati gli risuonava più forte e più vicina alle orecchie del cupo ansimare dei battelli fluviali o del rumore del traffico che si risvegliava nella 125^ Strada, a pochi isolati di distanza. 
Crunch, crunch, crunch., 
Sembrava quasi il gradevole suono di un passo sulla neve bianca e pulita. Ma la vista dell’alta figura massiccia, col volto paffuto, gli incerti occhi scuri deformati dalle grosse lenti dei bizzarri occhiali antiquati, cancellava ogni impressione gradevole. 
Cecil Mapp, un negro piccolo e ossuto, sedeva sul parapetto di legno lungo il fiume a curarsi una sbornia monumentale. Guardò Sol Nazerman, l’uomo del banco dei pegni, con occhi annebbiati e pensò che quell’uomo grosso e pesante, che avanzava faticosamente, somigliava a un veicolo metallico. Sembra un carro armato o qualcosa del genere, pensò. La vista del grande uomo bianco ebbe un benefico effetto sul morale di Cecil; la goffa cautela con cui camminava rivelava una sofferenza su scala diversa dalla sua. Per qualche minuto dimenticò la moglie infuriata, che avrebbe dovuto affrontare quella sera, dimenticò persino la cupa prospettiva di un’intera giornata trascorsa a intonacare pareti con mani tremanti e svogliate. Fu indotto addirittura a sorridere all’avvicinarsi di Sol Nazerman e pensò allegramente: quell’uomo soffre! Agitò una mano e inarcò le sopracciglia come se salutasse un amico a una festa.


FINIS

I due uomini, Cecil Mapp e John Rider, gli passarono accanto. Lo salutarono, ma sembrava che parlasse con se stesso. John Rider affermò che stava contando tutti i suoi soldi, ma Cecil Mapp disse: “No, amico, quell’uomo soffre”. 
In realtà Sol Nazerman stava contando le sue perdite e si perdonava mentre guardava il fiume. 
“Riposate in pace, Ortiz, Mendel, Rubin, Ruth, Naomi, David… riposate in pace”, disse piangendo ancora un poco, ma più che altro per se stesso. Trasse un profondo sospiro, che parve riempirgli d’aria anche quelle parti dei polmoni rimaste vuote per tanto tempo. Ed egli accettò la pena, se non lietamente come un martire, almeno di buon grado come un erede. Poi si incamminò verso la metropolitana per il lungo viaggio sotterraneo fino alla casa di Tessie e piangere con lei.

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