La mafia uccide la guardia giurata Alfonso Sgroi

Uno studente crotonese lo ricorda

È il 26 aprile 1979 quando davanti alla sede della Cassa di Risparmio in via Mariano Stabile a Palermo viene ammazzato da alcuni rapinatori appartenenti alla mafia la guardia giurata, Alfonso Sgroi; il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende ricordarne la figura attraverso l’elaborato dello studente Uljanov Piotr Walter Migale della classe I sez. D del Liceo Scientifico Filolao di Crotone. 

“Alfonso Sgroi è stato una delle tante vittime della malavita; in una fase difficile della sua vita rimase senza lavoro, essendo marito e padre di due bambine, ebbe la necessità di trovare un nuovo impiego così trovò posto come guardia notturna. Alfonso non aveva mai maneggiato un'arma da fuoco, ma non si perse d'animo e iniziò a fare corsi e pratica per diventare un professionista. Dopo tanti anni di dedizione ricevette finalmente un nuovo posto come guardia della Cassa di Risparmio di Palermo. La mattina del 26 aprile del 1979, Alfonso si recò al lavoro come sempre e iniziò il suo turno con gentilezza verso i clienti, prestando attenzione ai minimi dettagli. Passate le 10 si presentarono davanti alla banca 4 individui vestiti come uomini d'affari. Due di loro entrarono in banca e gli altri 2 rimasero all'esterno dell'edificio. La banca era divisa in due piani, il piano terra e il primo piano. Gli uomini salirono al primo piano dove si trovavano gli sportelli di cassa ed estrassero due pistole; uno di loro rimane alla cassa, mentre l'altro si diresse ai piedi delle scale, per controllare anche il piano terra, aspettando che i cassieri prendessero il denaro dalle casse. Preso il denaro i due uomini tentarono la fuga; Alfonso appena li vide cercò subito di intervenire, ma venne bloccato dagli altri due mafiosi. Alfonso non si arrese, iniziò a ribellarsi e tra i tre iniziò una colluttazione. Nel frattempo gli altri due complici uscirono dalla banca e uno di loro prese la pistola, sparando due colpi che ferirono al petto e alla testa Alfonso. Per lui, purtroppo, non ci fu scampo e il viaggio al pronto soccorso della Croce Rossa di via Roma risultò inutile. Morì alla giovane età di 45 anni. 

Alfonso è una delle tante vittime della mafia che, in occasione del 21 marzo, giornata in cui si ricordano tali vittime, viene commemorato attraverso diversi articoli incentrati sulla sua storia e il suo atto di coraggio. La sua vicenda ci rammenta che bisognerebbe combattere sempre per il bene e aiutare il prossimo, per questo Alfonso è e resta un modello da seguire per noi giovani.”

La storia di Alfonso Sgroi si incrocia con quella del giudice Paolo Borsellino e del capo della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano, che in quel periodo stava indagando sugli intrecci internazionali della mafia. Infatti qualche giorno dopo la rapina venne scoperto il “covo del clan” di corso dei Mille 196, proprio da qui partì l’ordine di rapinare la banca e due dei principali killer, Pino Greco, detto “scarpuzzedda”, e Pietro Marchese, ne erano componenti. 

Ritroviamo notizie relative alla morte di Alfonso Sgroi anche nella sentenza del maxi-processo, in particolare tra gli elementi che decretarono la morte di Giorgio Boris Giliano: “Tra questi l’operazione di polizia iniziata il 26 aprile 1979 a seguito dell’omicidio del metronotte Alfonso Sgroi in servizio dinanzi alla sede di Palermo della Cassa Centrale di Risparmio V.E., oggetto di rapina, e conclusasi nei giorni successivi con l’arresto di cinque dei presunti componenti la banda dei rapinatori Rosario Spitalieri, Giovanni Greco, Pietro Marchese, Girolamo e Giovanni Mondello – e con la scoperta del “covo”, luogo di riunione degli associati, in Corso dei Mille, ove erano stati rinvenuti e sequestrati micidiali armi, radio ricetrasmittenti, corpetti antiproiettile e denaro dì sospetta provenienza.

Alfonso Sgroi svolgeva un lavoro rischioso ma utile per la collettività: garantire l’ordine e la sicurezza in luoghi nevralgici per la collettività. Svolse il suo compito in modo esemplare non indietreggiando neanche difronte a rischi palesi. Per tale ragione il suo nome deve essere ricordato nelle nostre scuole.  Il CNDDU invita gli studenti e i docenti ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità

Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com)

Prof. Romano Pesavento

Presidente CNDDU

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