"La Russia di Putin".
- 08 maggio 2022 Cultura
La lettura dell'interessante libro di Anna Politkovskaja "La Russia di Putin", pubblicato nel 2004, due anni prima del suo assassinio, avvenuto a Mosca, con un colpo di pistola alla testa, induce a riflettere su molte cose. Anna era nata a New York il 30 agosto 1958, ma era russa di origine e di formazione, e infatti nella capitale russa ha vissuto fino a quel fatidico sette ottobre 2006, quando all'età di 46 anni fu uccisa perché dava fastidio alla nomenklatura con i suoi articoli e interviste critiche nei confronti del nuovo corso politico.
La lettura di questo libro pubblicato in Italia da Adelphi e ottimamente tradotto da Claudia Zonghetti porta a conoscenza dei suoi lettori la terribile condizione che il popolo russo vive nella sua difficile convivenza con il nuovo Zar del Ventunesimo secolo.
Si sospettava già da tempo che le cose fossero così, ma non se ne era certi. Solo Berlusconi, Salvini e altri erano convinti del contrario, ma di costoro - soprattutto del secondo - se ne può e se ne dovrebbe fare a meno. Ci sono popoli che hanno scritto nel loro DNA il proprio destino, e fra questi vi è la Russia. Prima i vari e veri Zar. Poi il comunismo che per 70 anni ha devastato il Paese. Quindi il post comunismo che da oltre tre decenni impazza usando i sistemi del vecchio comunismo, dove il KGB adesso si chiama FSB ma i cui metodi sono sempre gli stessi. E' proprio vero che il lupo (della steppa) perde il pelo ma non il vizio. Il popolo russo è in miseria, tranne per i pochi privilegiati che nelle grazie del despota possono godere di soldi, favori, facilitazioni varie. La cosa più triste è che la maggior parte della popolazione è a suo favore, e crede ciecamente in ciò che il nuovo Zar decreta. Questo è un comportamento comune anche ad altri popoli, quali la Cina e Cuba e in passato la Germania e l'Italia, che avevano e hanno bisogno dei loro capataz e finiscono e finivano: e questo non solo per paura, per approvare tutto ciò che questi dicevano e facevano. In Russia dapprima il nemico era la Cecenia, ora invece l'Ucraina. Una propaganda politico-giornalistico-televis
Antonio Mecca