LE AUTOSTRADE ITALIANE


L'argomento "autostrade" torna di attualità per varie ragioni: la costruzione del nuovo ponte di Genova, la revoca della concessione alla famiglia Benetton, le frequenti paralisi del traffico  su  alcune tratte della nostra rete  stradale.

Dopo il crollo del ponte  Morandi di Genova,  che ha causato due anni fa 43 vittime e 566 sfollati, il 3 agosto si prevede senza trionfalismo l'inaugurazione del nuovo ponte. Intanto qualche settimana fa il governo italiano ha finalmente portato a termine il contenzioso con la famiglia Benetton, concessionaria di Autostrade per l'Italia (Aspi), che tramite la sua holding Atlantia dal 2003 possedeva  l'88 per cento delle quote della società. Autostrade quindi è tornata a essere in mano allo Stato, controllata da Cassa depositi e prestiti  (Cdp) per il 51 per cento, mentre si è voluto  ridurre il potere di Atlantia, privandole della concessione e con  una quota di partecipazione inferiore al 10-15 per cento, che non le permette di avere voce nel Consiglio di amministrazione. Benetton ha accettato tutti i vincoli messi sul tavolo dal governo .  

Lo Stato italiano con l'aumento del capitale da parte di Cdp avrà la maggioranza nel Consiglio di amministrazione e accetterà  altri soci graditi al Cdp, tra cui il Gruppo Macquarie australiano. L'accordo evita eventuali ricorsi giudiziari dell’ ormai ex concessionaria, compreso quello su Milleproroghe  che ha tagliato l’indennizzo in caso di revoca della concessione, tutela nello stesso tempo i 7.300 dipendenti di Autostrade, impone ad Atlantia di  abbassare le tariffe per il pedaggio in linea con le indicazioni dell'Autorità di regolazione dei trasporti, un'agenzia indipendente che vigila sul mercato. Tra gli altri vincoli si obbliga Atlantia ad aumentare gli investimenti in manutenzione delle autostrade, i risarcimenti alle famiglie delle vittime e i costi per la ricostruzione del ponte crollato. La seconda fase dell'accordo prevede, entro un anno, l'uscita definitiva da Autostrade della famiglia imprenditoriale dei Benetton. Ci si chiede: "Come mai la famiglia  Benetton ha accettato o subito in toto l’accordo del governo?”. Probabilmente perché sono state rifiutate dal governo in carica tutte le sue  proposte per non perdere la concessione, avendo anche perso il ricorso presso la Corte Costituzionale per essere stata esclusa dalla costruzione del nuovo ponte, decisione presa dal Parlamento. Contemporaneamente hanno pesato la campagna diffamatoria contro il concessionario privato e la pressione del Movimento 5 stelle, che si è sempre battuto per la revoca della concessione, accusando la famiglia  Benetton di negligenza e quindi responsabile del crollo del ponte Morandi, dimenticando però che era compito dello Stato vigilare e controllare. Anche il Pd in maggioranza ha seguito il M5s in questa direzione, paventando soprattutto il contenzioso legale da parte del concessionario. Tutto tranquillo allora e senza sbilanciamenti o perdite per lo Stato italiano rispetto all’ex concessionaria? 

Forse non si può arrivare a dire, come ha sostenuto Salvini: ”A festeggiare l'accordo sono solo i Benetton!”, ma certamente non è semplice rispondere  perché mancano tutte le informazioni fondamentali sull’accordo firmato, sule valutazioni che verranno fatte dopo l’accordo e perché tanti interrogativi si affacceranno man mano prenderà forma la nuova gestione di Autostrade, ad esempio: “Quanto verrà valutata l’Aspi dalla Cassa depositi e prestiti per acquisire 1/3 delle azioni?. Che dire  dei debiti che comunque ha accumulato Autostrade, e come e su chi  peseranno? Gli utenti delle autostrade e gli altri cittadini hanno già pagato, ma  pagheranno ancora in modo spropositato e ingiusto?”. Se rimaniamo, infatti, solo dal lato dei profitti sul pedaggio e di altri rendimenti sull’utenza autostradale si può dire che hanno guadagnato finora sia i concessionari sia lo Stato. Anche lo Stato si è preso la sua parte di guadagni sia col normale prelievo fiscale sui profitti sia dai canoni di concessione, pur consapevole che per quanto riguarda i pedaggi autostradali questi sono tra i più alti nell'Unione europea, come sostiene da tempo la sunnominata Autorità di regolazione dei trasporti. Non dimentichiamo, tra l'altro, che Cassa depositi  e prestiti che andrà in cerca di capitali e dovrà valutare l’Aspi è una specie di cassaforte del risparmio postale degli italiani, quindi soldi nostri da gestire con cautela  e  in modo ragionevole.

L'altro aspetto che rende attuale la crisi delle nostre  autostrade è il traffico intasato, soprattutto nel periodo estivo, dovuto non tanto alla insufficienza delle nostre strade e infrastrutture, ma soprattutto per il lavori di manutenzione non fatti regolarmente o fatti nel periodo meno opportuno. Pensiamo, ad esempio quello che sta succedendo in Liguria, dove si sta attuando un piano di controllo delle gallerie imposto dal Ministero dei Trasporti ad Autostrade per l'Italia. Si sono riscontrati dei difetti in 288 tunnel gestiti da Aspi, situazione che fa paralizzare il traffico regionale, penalizza la Liguria dal punto di vista turistico, economico e d'immagine tanto che il governatore Toti, dopo aver chiesto invano al ministero interessato di cambiare il piano minaccia di chiedere i danni allo Stato. In appendice a questo evento di stagione, di tanto in tanto si segnalano sulla varie tratte stradali ponti in pericolo di crolli, tunnel deteriorati e antiquati, urgenza di manutenzioni in tante parti del nostro Paese. In fin dei conti il problema è sempre lo stesso: lo Stato deve operare una svolta decisiva e veramente rivoluzionaria anche nel settore dei trasporti. 


Luciano Marraffa  

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