Nel centenario della nascita di Nino Manfredi

Un attore incisivo capace di inserirsi alla perfezione nella personalità del personaggio

Il 22 marzo 1921 nasce a Castro dei Volsci, paese laziale allora in provincia di Roma e ora di Frosinone, Saturnino (Nino) Manfredi, un bravo attore che, in oltre mezzo secolo di attività si produsse in tutti i mezzi a disposizione dell'arco recitativo: teatro, radio, cinema, televisione, doppiaggio, guadagnando cinque nastri d'argento e cinque David di Donatello ma - soprattutto - la stima dei critici e l'affetto del pubblico. Manfredi nel 1937, all'età di 16 anni, si ammala di tubercolosi, e dovrà trascorrere molto tempo in sanatorio e qui: forse per la costante presenza della malattia e della morte imparerà a sviluppare quel suo particolare senso dell'umorismo, un umorismo agro che lascerà sul suo volto una perpetua espressione di tristezza. In sanatorio costruirà da sé un banjo e lo suonerà in piccoli spettacoli organizzati con i suoi compagni di sventura. Quando un giorno la compagnia di Vittorio De Sica si esibirà proprio lì, il giovane Manfredi comincerà ad appassionarsi seriamente alla recitazione. E nel 1944 Nino deciderà di iscriversi all'Accademia nazionale di arte drammatica, ottenendo il diploma nel 1947, mentre due anni prima era riuscito a laurearsi in Giurisprudenza, facoltà scelta per far contento il padre, funzionario di pubblica sicurezza. Sarà quindi nell'autunno del 1947, all'età di 26 anni, che esordirà al Teatro Piccolo di Roma recitando generalmente in testi drammatici sotto la direzione di Orazio Costa, suo insegnante all'Accademia, nella compagnia Maltagliati-Gassman. Nel 1948-49 approderà a Milano al Piccolo Teatro (il nome Piccolo appare in ognuno dei teatri delle due città), e sotto la direzione di Giorgio Strehler lavorerà in alcuni grandi testi di Shakespeare: "Romeo e Giulietta", "La Tempesta", "Riccardo II". Nella stagione 1952-53 reciterà tre atti unici di Eduardo De Filippo insieme a Paolo Panelli e a Bice Valori. Sempre in questi primi anni Cinquanta, Nino Manfredi approderà al varietà dapprima radiofonico, e poi sul palco teatrale al fianco delle tre sorelle Nava e poi con Wanda Osiris e con Billi e Riva. Quindi un ulteriore salto di qualità nella commedia musicale "Un trapezio per Lisistrata", al fianco di Delia Scala e Paolo Panelli che, l'anno successivo, saranno suoi partner anche nel celebre e celebrato "Canzonissima 1959", dove con la macchietta del barista di Ceccano conoscerà l'autentica popolarità. Al cinema era approdato nel 1949 con un ruolo nel film "Torna a Napoli", primo di un centinaio di film il cui ultimo fu, nel 2O03, "La fine di un ritorno". Il massimo del suo fulgore cinematografico lo toccherà negli anni '60 e '70 con film quali "Vedo nudo", "Operazione San Gennaro", "Nell'anno del Signore"; "C'eravamo tanto amati", "Pane e cioccolata". Si dice che se ad esempio Alberto Sordi era sempre se stesso, Manfredi invece cercava di diversificarsi a seconda del ruolo affidatogli, e questo giudizio probabilmente è vero, d'altronde basta guardarlo nei suoi lavori per rendersene conto.
Nel 1962 aveva nel frattempo esordito anche nella regia dirigendo l'episodio cinematografico "L'avventura di un soldato" tratto da una novella di Italo Calvino. Ma fu nove anni dopo, nel 1971, che dirigendo il film semiautobiografico "Per grazia ricevuta" ottenne il suo più grande successo di regista, forte magari di quello di attore ottenuto l'anno prima in Tv nel Pinocchio di Comencini, dove aveva rivestito da par suo il ruolo di Geppetto. In Televisione aveva esordito nel 1954, con una serie di lavori televisivi diretti da bravi registi del calibro di Anton Giulio Majano. Sempre in quel decennio così ricco di aspettative perché si era appena usciti dalla guerra, Manfredi fu anche doppiatore di attori stranieri e italiani (sua la voce di Franco Fabrizi ne "I vitelloni", di Marcello Mastroianni in "Le ragazze di piazza di Spagna" e "Parigi è sempre Parigi". Addirittura anche di quella di Mike Bongiorno ne "I miliardari"). Nel 1955 aveva intanto sposato la ventiquattrenne Erminia Ferrari, una bella ragazza siciliana. indossatrice che gli darà anche dei figli. Manfredi tornerà a teatro nel 1988 e 1989 per rappresentare due sue commedie da lui stesso dirette.
Un episodio curioso nonché divertente fu quello che lo vide invitato in Vaticano da Giovanni Paolo Secondo alla rappresentazione di una sua commedia scritta in gioventù. Sollecitato da questi su un suo giudizio, Manfredi - seppur imbarazzato - rispose che era stato un bene che Wojtyla non avesse proseguito a scrivere, altrimenti avremmo perso un grande Papa. Al che il Pontefice si mise a ridere. 
Nino Manfredi è stato molte cose: dal Rugantino più acclamato da pubblico e critica, all'attore incisivo capace di attecchire alla perfezione assoluta del personaggio cinematografico, al testimonial pubblicitario più efficace, al gradito ospite televisivo di grandi varietà dove si è esibito in note canzoni tra le quali "Tanto pe' cantà" - capolavoro del 1932 di Ettore Petrolini - che è quella più ricordata. Bene fa la Tv pubblica e privata a ricordarlo mediante film biografici o documentari contenenti immagini rare o mai viste prima e riproponendo capolavori del Cinema che anche se non scritti o diretti da lui l'attore italiano ha saputo far suoi per mezzo del suo grande talento attoriale.

Antonio Mecca

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