PER GLI AMANTI DEL GIALLO

Continua ogni giorno, sempre alle ore 9:00, il romanzo Nero su bianco di Antonio Mecca . Saranno graditi commenti, consigli e comunicazioni.

Indirizzare a edbedizioni@libero.it - Rubrica: "Per gli amanti del Giallo". Buona lettura

L’edificio della Star Music svettava al sole di metà pomeriggio dalle sue decine e decine di finestre affacciate sull’Hollywood Boulevard. Non avevo ancora fatto colazione ma ugualmente non avvertivo i morsi della fame perché morso da ben altro: dai cani che corrono alle calcagna di un lince del mio stampo per catturarlo prima che possa raggiungere il suo obiettivo. Nel mio caso, l’assassino del povero Sam.  
     Il parcheggio dentro al quale erano ospitate le auto dei lavoranti era bloccato al passaggio da una sbarra, a guardia della quale si trovava un addetto alla sicurezza con tanto di uniforme, pistola, e cartucce. Oltrepassatolo raggiunsi lo stesso parcheggio della volta precedente, quasi il medesimo posto perché lì vicino, e una volta piazzata la Ford cavai dalla tasca il cellulare, composi il numero di Helen Samson e aspettai che rispondesse. Lo fece dopo il quarto squillo.
     - Sì…
     - Helen, sono Frank. Come va?
     - Bene, Frank. Hai delle novità?
     - Sì. Avrei bisogno del tuo aiuto, Helen. Mi trovo qui fuori, al di là del cancello. Potresti raggiungermi fra non molto? Ho bisogno di parlarti e desidero inoltre entrare nel parcheggio.
     Sembrò esitare.  
     - D’accordo - disse poi. - Sarò lì entro cinque minuti, ma ti avverto che dopo altri cinque me ne dovrò tornare all’ovile.
     - Talvolta è proprio all’ovile che si nasconde il lupo - le dissi. Dopodiché togliemmo entrambi il contatto. Trascorsero dieci minuti prima che Helen comparisse all’orizzonte. Era vestita con un abito giallo limone e aveva l’aspetto fresco di una caraffa di acqua e limone ghiacciata. Mi accolse con un sorriso altrettanto fresco, dovuto alla sua fresca età.
     - Buongiorno - salutò. - Ti ho fatto aspettare molto?
     - All’incirca trent’anni - risposi. - Ma le cose eccezionali si fanno sempre attendere.   
     Sorrise ancora.
     - Dimmi, cosa c’è di nuovo?  
     - Avrei bisogno di entrare nel parcheggio - le chiesi. - Dovrei visionare alcune auto.
     Pur dubbiosa, acconsentì.
     - Accompagnami. Ho anch’io la mia auto qui.
     Tolse di tasca un portachiavi e puntata una chiave in direzione della sbarra premette un minuscolo pulsante. La sbarra si sollevò, e noi potemmo entrare sotto gli occhi privi di sospetto dell’agente di guardia. C’erano molte auto, di varie dimensioni e qualità. Quella che cercavo io era di grandi dimensioni e di grande qualità. Helen stava zitta, rispettando il mio silenzio. All’improvviso la vidi. Una Toyota Lexus RX Hybrid. Colore bianco, perché meglio potesse venire baciata dalla luce del sole, quasi una casa in stile messicano viaggiante. Mi fermai e immediatamente le chiesi  
     - A chi appartiene?  
     - A Walter Gage - mi informò. - È il direttore alle vendite.
     - Andava d’accordo con Sam Galton?
     - Penso di sì.
     Osservai la macchina, completa di antenna radio. Poi il paraurti anteriore, dove notai una leggera bozza. Quindi mi avvicinai all’antenna e presi a svitarla.
     - Ehi! - esclamò Helen. - Che cosa fai?
     - Quello che stai vedendo - risposi togliendo l’antenna dalla sua base. Dopodiché tolsi dal taschino interno della giacca l’antenna che mi portavo addosso e la avvitai al posto dell’altra. Ci andò alla perfezione. Quindi cavai di tasca il cellulare e presi a scattare fotografie da varie angolazioni.
     - Ma insomma… Spiegami almeno il perché!
     - Perché è quasi sicuro che il caro zio Walt sia l’assassino di Sam.
     La fissai, rimettendo al contempo in tasca il cellulare.
     - Sono stati, i due, rivali in amore per quanto riguarda te?
     - No di certo - rispose, perentoria. - Per chi mi prendi?
     Invece di risponderle feci a mia volta una domanda.  
     - Hai per caso sullo smartphone una foto di questo Gage?
     Per tutta risposta cavò l’apparecchio menzionato dalla tasca a marsupio e ne fece scorrere varie immagini. Quindi si fermò su una di esse e me la mostrò.
     - Ecco. È il secondo da destra seduto al tavolo.
     Osservai la foto che ritraeva undici persone: tre donne, tra cui Helen, e otto uomini, riunite intorno a un tavolo. L’individuo segnalatomi da Helen aveva una faccia squadrata e lo sguardo deciso; sembrava un rullo compressore che si spiana la strada senza troppo badare a chi si trova davanti, o un barracuda che fa strage di pesci o di persone a seconda dell’appetito. Dimostrava una cinquantina d’anni, portati con spavalderia. O, meglio,con arroganza.
     - Da quanti anni lavora qui?
     - Da prima di me. Forse una decina.
     - La sera in cui Galton lasciò il parcheggio, hai notato se anche Gage è uscito, seguendolo?
     - Io sono uscita prima, perché il mio è un orario di uficio. Per cui non saprei dirtelo.
     Annuii. Poi le chiesi di ingrandire con lo zoom l’immagine di Walter separandola da quella degli altri. Ripresi dalla tasca il cellulare e trovata la giusta angolazione priva di riflessi scattai una foto puntandola sullo schermo dello smartphone retto dalla mano di Helen. Controllai il risultato, che mi apparve ben definito.
     - Okay - approvai. - Ti ringrazio molto per la tua preziosa e paziente collaborazione. Evidentemente il bacio dell’altra sera ha lasciato il suo segno. Per lo meno su di me, e non solo perché portavi il rossetto.
     Lei arrossì. Le chiesi verso che ora Gage era solito uscire.  
     - Intorno alle otto. 
     - Dove abita?
     - A Marina Del Rey.
     - Non direnulla a nessuno di tutto questo - le raccomandai.  
     - Non preoccuparti - mi rassicurò lei. – E fammi poi sapere.
  Continua domani ore 9:00

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