QUANDO IL TELEFONO ARRIVÒ A MILANO

Se il fil di ferro fosse sostenuto alto da terra da pali di legno qua e là piantati, per esempio da Como fino a Milano, e quivi, interrotto solamente dalla mia pistola, continuasse e venisse infine a pescare nel canale del Naviglio, continuo col mio lago di Como, non credo impossibile di far lo sparo della pistola a Milano con una boccia di Leida (il primo condensatore elettrico) da me scaricata in Como.

Con questa lettera risalente al 1777, Alessandro Volta ipotizzava, mezzo secolo prima del telegrafo elettrico, il diffondersi delle telecomunicazioni in Lombardia.
Nel 1794 i fratelli Chappe realizzano la prima linea telegrafica ottica tra Parigi e Lille; il successo è tale che la diffusione nel resto d’Europa procede successivamente a una velocità impressionante. In Italia, il telegrafo ottico giunge per la prima volta nel 1805 tra la Savoia e il Piemonte e, cinque anni più tardi, arriva a Milano. Nel 1848 viene adottato un sistema alternativo progettato dall'Ingegner Giovanni Battista Gonnella (il telegrafo Gonnella) che utilizza peculiari torri, sparse per tutta la Pianura Padana; a Milano viene utilizzato, come stazione telegrafica, il campanile della chiesa di San Celso.

È un periodo florido di innovazioni che spesso si accavallano e prendono spunto le une dalle altre: dalla pila di Alessandro Volta, allo sfortunato telefono elettrochimico di Sommering, che comunque aprirà la strada all'elettricità dinamica nelle telecomunicazioni, alla scoperta dell’elettromagnetismo di Hans Christian Orsted, fino al telegrafo elettromagnetico di Samuel Morse che debellerà ogni invenzione precedente.

Quest’ultimo giunge nel 1850 a Milano per merito di Carlo Zanelli, e viene adottato l’omonimo codice come ci ha lasciato testimonianza il matematico Costantino Cernuschi in un libricino del 1852. Dieci anni più tardi il professor Magrini ci segnala il primo guasto “ufficiale” sulla linea telegrafica tra Milano e Vercelli, causato da un fulmine.

La telegrafia migliora di anno in anno e senza aver più la necessità di un codice prestabilito, ma nel 1860 viene posto il primo tassello del futuro: Philip Reis, utilizzando l’elettricità, prova a riprodurre il suono, cosa che, da cinque anni, sta già tentando dall'altra parte dell’Atlantico il nostro Antonio Meucci. Ma solo nel 1871 riuscirà a depositarne i diritti che, purtroppo, scadranno due anni più tardi senza poter essere rinnovati per difficoltà finanziarie.

Nonostante il telefono vero e proprio non sia stato ancora inventato, il termine telefonia, è già in uso nella lingua italiana come ci riporta, in maniera decisamente curiosa, il “Dizionario universale di scienze lettere e arti” stampato a Milano nel 1875 dai Fratelli Treves Editori: TELEFONIA, modo di corrispondere a grandi distanze col suono: è una telegrafia acustica. Nel 1850 Sudre propose un metodo di telefonia che fu applicato in Francia con buon esito alla marina. Adopera per ciò solo tre note (sol, do, la) date dalla tromba, dal tamburo e dal cannone: le combina come i segni del telegrafo, attribuendo loro un valore analogo.

Un anno più tardi, Alexander Bell, sbaraglierà la concorrenza depositando e facendo entrare nella realtà il primo brevetto di telefono.

Lo stesso anno il professor Giuseppe Colombo del Politecnico di Milano visita l’Esposizione Centenaria di Filadelfia; l'entusiasmo per la nuova invenzione è tale che al suo ritorno ne diffonde la notizia tra amici e colleghi. Sempre Colombo, il 4 dicembre 1877, in una lettera al giornale meneghino Perseveranza, presenta il telefono costruito tre giorni prima dall'ingegnere Marco Maroni: il 1° dicembre 1877 può essere considerata la data ufficiale dell’arrivo del telefono a Milano.

Nel libro “l’elettricità e le sue diverse applicazioni” del 1908, così viene riportato l’evento: […] In Italia, il primo telefono fu fatto a Milano verso la fine del 1877, per iniziativa dell’ing. Maroni, che senza modello, sulle sole indicazioni avute, ricostruì l’apparecchio. E pure a Milano, il 30 dicembre 1877 si rinnovarono pubblicamente gli esperimenti a Palazzo Marino, congiungendo il quartiere dei civici pompieri con la sede della Società Anonima degli Omnibus a Porta Venezia.

Riccardo Rossetti


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