A Milano i calchi delle tre Pietà michelangiolesche

Dopo il recente successo a Firenze della mostra Le tre Pietà di Michelangelo in cui alla Pietà Bandini da poco restaurata sono stati affiancati i calchi storici delle Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini provenienti dai Musei Vaticani, la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale si apre in questi giorni per ospitare e nel modo più suggestivo possibile le tre sculture elaborate nel gesso.

“Le Pietà di Michelangelo. Tre calchi storici per la Sala delle Cariatidi” è il titolo della mostra visitabile gratuitamente fino al prossimo 8 gennaio e che si inserisce nel progetto di condivisione del patrimonio artistico e di collaborazione tra Firenze e Milano, città peraltro già unite dal settore della moda. 

Tanti gli spunti che ci fanno apprezzare questo evento, curato da Giovanna Mori, Domenico Piraina e Claudio Salsi. Vedere accostati e da vicino i tre calchi emoziona per la grandezza della scultura di Michelangelo ma soprattutto fa comprendere l’evoluzione della sua sensibilità artistica che negli ultimi anni si avvolge in una profonda sofferenza, anche con riferimenti religiosi. 

Passano infatti più di cinquant’ anni dalla prima Pietà a quella Rondanini. Poco più che ventenne, tra il 1497 e il 1499, Michelangelo esegue la Pietà Vaticana, caratterizzata da un’estrema naturalezza del Cristo adagiato sulle gambe della Madonna e da un profondo spessore psicologico della scena, che la definiscono come capolavoro del Rinascimento.

Verso il 1553, forse per dar vita ad un monumento per la sua sepoltura, Michelangelo inizia la Pietà Bandini. Si trova purtroppo a lavorare con un marmo molto duro e pieno di impurità, al punto che una venatura gli impedisce di modificare la posizione della gamba del Cristo, spezzandola. Ciò acuisce il senso di insoddisfazione dell’artista che cercherà di distruggere la statua.

La Pietà Rondanini, sublime nel non finito, vede invece la fusione del corpo del Cristo morto con quello della Madre, esasperando il senso di un dolore immanente.

Nella Sala delle Cariatidi ci sono i calchi, non le opere originali, ma il fascino della mostra è assicurato da un pregevole allestimento a firma di Massimo Chimenti fatto da morbidi e chiari teleri che scendono dall’alto e simboleggianti il Sudario, sui quali in modo intermittente vengono proiettati ingrandimenti delle sculture come alcuni momenti delle operazioni di trasporto dei calchi e di messa in sede. Il tutto immerso nella penombra.

Stupisce e commuove infine quel punto di contatto tra la sofferenza che si intravvede nel lavoro di Michelangelo avanti in età e la sofferenza che esprime questo salone, in origine luogo di feste e danze e poi devastato con le sue quaranta imponenti Cariatidi dai bombardamenti su Milano del 15 agosto 1943.

Idealmente la mostra prosegue al Castello Sforzesco dove l’originale della Pietà Rondanini è custodita dal 1952, in quanto acquistata dall’allora sindaco Virgilio Ferrari per 130 milioni grazie all’interessamento della grande museologa Fernanda Wittgens. 

Vittoria Colpi


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