INFO SALUTE
- 15 gennaio 2015 Milano Città
A cura di Flavio Fera
A furia di giocare ci si può anche ammalare
Non ci si ammala giocando da adolescenti a pallavolo o a Natale, con la famiglia o con gli amici, a tombola. Ci si ammala continuando a giocare d’azzardo.
Il termine d’azzardo indica quei giochi in cui si scommette e la potenziale vincita è casuale.
A furia di giocare d’azzardo si crea una vera e propria dipendenza da gioco.
Questa dipendenza è una patologia ed è indicata con il termine ludopatia. Qualcuno definisce la ludopatia il cancro dei poveri.
Quel qualcuno, però, ha ragione solo in parte: a giocare, sino ad esserne dipendenti, infatti, non sono solo i meno abbienti ma anche coloro che di denaro ne hanno in abbondanza.
Certo quella che cambia tra ricchi e poveri, oltre alla quantità di denaro posseduta, è la motivazione che spinge a giocare.
Mentre chi ha tanti quattrini le prime volte gioca per togliersi uno sfizio chi ne ha pochi lo fa, magari, per cercare di risolvere, o quantomeno, di ridurre i propri problemi di carattere economico.
La ludopatia come le Sirene del mitico Ulisse ti attira a sè, ti rende dipendente e lentamente, come un demone, ti prosciuga tutto quello che hai.
Per tutto non s’intende solo il denaro ma anche il lavoro, la casa, la moglie o la fidanzata, gli amici, gli affetti più cari.
È vero che il denaro, lo si voglia ammettere o meno, al giorno d’oggi più che mai, rappresenta la linfa per la nostra sussistenza, ma quando si perdono anche l’amicizia e l’amore che cosa resta nella vita?
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità in Italia le persone che soffrono di ludopatia sono quasi un milione e mezzo. L’aspetto allarmante è che questo numero è in continuo e costante aumento.
La ludopatia genera dipendenza come il tabagismo, l’alcolismo o l’utilizzo di droghe. Come malattia, a differenza delle altre, non causa danni alla salute di tipo fisico come i tumori ma intacca l’equilibrio psicologico. Tale equilibrio è, però, fondamentale per la qualità della vita. La persona ludopatica se non riesce, per qualsiasi motivo, a giocare può diventare nervosa e aggressiva. Quando poi, a furia di giocare, ha terminato il proprio denaro, può arrivare a mentire e a commettere furti o piccole truffe.
Il malato è travolto dalla bramosia di vincere a tal punto che può sviluppare disturbi come l’ansia o la depressione che lo fanno diventare anche un alcolista e/o un tossicodipendente.
In genere si tratta di persone insicure che non riescono a sfogare la propria emotività e che possono arrivare anche al suicidio.
Nel nostro paese la legge vieta il gioco d’azzardo in ambienti privati o pubblici ma contraddittoriamente lo permette in bar e locali appositamente dedicati.
I maschi si avvicinano al gioco durante l’adolescenza, mentre le femmine in un’età compresa tra i 20 e i 45 anni. Se prima investiva prevalentemente gli uomini ora la differenza tra i due generi è minima. Le persone, secondo specifici studi, cominciano a giocare per cause ereditarie e ambientali. A favorire lo sviluppo della dipendenza sembrerebbero essere i disturbi di carattere comportamentale come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, o dell’umore come la depressione, l’abuso di alcool e l’utilizzo di sostanze stupefacenti. In Italia contribuisce anche la notevole offerta di giochi presente sul mercato.
Il DDL 13/9/2012 n. 158 ha reso obbligatoria l’affissione, presso le sale da gioco e i locali pubblici, di materiale informativo sui rischi di acquisire dipendenza da gioco d’azzardo e sui luoghi preposti per curare un’eventuale dipendenza acquisita. Lo stesso Decreto ha introdotto nei Livelli essenziali di assistenza la prevenzione e la cura della ludopatia. L’Asl di Milano mette a disposizione le proprie competenze per guarire da questa terribile dipendenza. I piani terapeutici sono individualizzati e si basano su un percorso inizialmente di diagnosi e successivamente di trattamento psicologico.
Non bisogna avere timore di uscire allo scoperto ammettendo questa dipendenza, perché farlo rappresenta il primo passo per smettere di soffrire.