I RACCONTI DEI LETTORI

Inviate un vostro racconto a edbedizioni@libero.it, rubrica: I racconti dei lettori.
Lo pubblicheremo online ogni domenica e i migliori verranno riuniti in un volume che uscirà a settembre

ANCH'IO, NEL MIO PICCOLO, BRINDO
 
Non si sta poi così male al sole di Capodanno.
Ho il privilegio di vivere nel giardino dei Frati Cappuccini e amo restarmene qui in fondo, su questo terrazzino panoramico, dove talvolta qualche bambino si spinge a fare merenda. Quando i bambini se ne vanno, arrivo io.
Le briciole di pane che odorano ancora di mortadella sono quelle che più mi fanno impazzire. Questa che ho tra le zampe è fresca di giornata e non smetterei di rosicchiarla per nulla al mondo. Uhm, che bontà... E pensare che le mie compagne dipingono sempre gli umani come pericolosissimi buoni a nulla. Che sciocchezza! Roba da non credere... Almeno fino a un momento fa, perché adesso...
Adesso sto tremando di paura.
Ho l'orecchio bene appoggiato a terra e sento i passi che si avvicinano sempre più.
Questo fraticello l'ho già visto ieri, più o meno all'ora del tramonto, quando sgranava il rosario, pregando seduto sulla panchina. Ero arrampicata sul muretto, non l'ho degnato neppure di un saluto. Non vorrei che se la fosse presa a male, perché si approssima con decisione e incede sempre più rumorosamente. Ma oggi sono ben distante dal muretto di cinta, non farei in tempo a raggiungerlo. Dove scappo? Qui è tutto terribilmente liscio, neppure una fossetta su cui poter contare. Ho un brutto presentimento. Quest'anno non poteva cominciare peggio di così.
Eccolo. Adesso è solo a un passo da me. La prossima pedata potrebbe essere quella che mette fine per sempre a tutte le briciole e alla mia piccola esistenza.
Mi volto sulla schiena. Che spavento! Che spavento! Agito le zampe convulsamente in un ultimo, inutile, disperato tentativo di difesa.
Guardo in alto. Vedo il cielo coprirsi sempre più. Il tempo si dilata all'inverosimile e con l'orrore che mi scava gli occhi scorgo la suola di un sandalo che si avvicina, si avvicina, si avvicina lentamente. Ora il piede è appoggiato sul tacco e plana inesorabilmente verso me, millimetro dopo millimetro. Da qua sotto, osservo la suola in tutta la sua devastante potenza, mentre mi sta calando addosso.
È larga. È lunga. È orrenda. Penso che non mi darà scampo. È tempestata di terra, di pietruzze, di erba. C'è pure un rametto secco infilato nel tacco.
Sono terrorizzata da questo piede che sta per schiacciarmi e da tutto il peso che tra meno di un secondo si abbatterà sul mio esile corpicino.
Porto le mie zampine anteriori davanti agli occhi sbarrati per non guardare più e trattengo il fiato in attesa del peggio. Le urla mi si strozzano in gola. Riapro per un attimo gli occhi e l'ultima cosa che vedo è un gigantesco numero “quarantaquattro”. Li chiudo di nuovo, mi lecco le labbra riassaporando il gusto della mortadella e ripeto come un mantra “tacco o suola, tacco o suola, tacco o suola...”. Poi il buio completo, poi ancora il buio, buio e poi... Poi apro gli occhi e rivedo il sole, mentre odo i sandali che si allontanano da me.
Per questa volta, il Dio delle Formiche mi ha voluta salva. Fortunatamente, sono capitata nella piccola insenatura fra tacco e suola: la dannata ciabattona mi ha risparmiata!
Ora, il frate è seduto sulla panchina proprio di fronte a me. Lo vedo mentre sono ancora tutta rannicchiata, tremebonda per la fifa. Ha la barba rivolta al sole, la bocca semiaperta e l'espressione trasognante. Le gambe, sotto al saio, sono ben distese e mostrano le orribili appendici in cuoio, allineate, coi talloni poggiati a terra, in tutta la loro cruda pericolosità. Che incubo vedere queste micidiali armi al sole. Chissà quante ne hanno già pestate di quelle come me!
Credo che mi allontanerò di qua in fretta e furia per cercare qualche goccia d'acqua sui petali d'erba. Voglio proprio brindare alla tragedia scampata.

Leonardo Schiavone