INQUINAMENTO A MILANO: FUMO (DELLE SIGARETTE) NEGLI OCCHI E UN TELERISCALDAMENTO IMMOBILE DA ANNI

Fumare fa male; la cioccolata fa ingrassare e a Milano si corre sempre…
Anche senza una meta. Tutti luoghi comuni e tutti veritieri.

La nostra città, già svantaggiata dalla posizione geografica, è afflitta da concreti e ciclopici problemi riguardanti la pessima qualità dell’aria, celati da un’omertosa cappa non di smog ma di convenienza: imputare le sigarette come fonte di inquinamento, perdonate il gioco di parole, è solo fumo negli occhi.
Il divieto di fumo nei più disparati luoghi, privati o pubblici, è certo segno di civiltà e buon senso: quando era consentito fumare nei ristoranti, nei locali, sui treni o in aereo, un incubo di esalazioni tossiche infastidiva anche molti fumatori moderati. Nondimeno, il passo falso su modello di un parossistico puritanesimo americano dove, se fumi sul tuo balcone ti fanno causa ma l’accordo di Parigi sulle emissioni viene ripudiato, è fin troppo breve. Viviamo in un periodo di incongruenze dettate da interessi economici che troppo spesso ci sfuggono ma, al contempo, sono in grado di distrarci e tenerci occupati in sterili diatribe prive di costrutto.  E intanto Milano soffoca. Lo sviluppo del teleriscaldamento, utilizzante acqua, che avrebbe dovuto rappresentare la vera svolta contro l’inquinamento generato dalle caldaie, è praticamente immobile da anni. Per intenderci meglio, a Milano ci sono all'incirca  222.000 edifici adibiti ad abitazione. Di questi, solo 3-000 sono raggiunti e riscaldati dal teleriscaldamento: l’1,4% del totale.
La mappa mostra appieno l’irrisoria fetta di città che beneficia di una tecnologia che sarebbe realmente in grado di contrastare una qualità dell’aria al di là della decenza.
In un recente articolo di A. Tartaglia apparso sulla Gazzetta dello Sport, il riscaldamento degli edifici viene additato come principale fonte di PM10: 45%. Seguono i motori diesel con il 15% e un 13% da attribuirsi all'usura dei freni e degli pneumatici. Questi tre fattori insieme costituiscono il 73% sul totale degli agenti inquinanti: una bella fetta, per non dire quasi tutta la torta.
Stando invece a quanto riportato pomposamente sul sito dell’A2A, gli edifici pubblici e le zone raggiunte dal teleriscaldamento sono: il Duomo, la Scala, Palazzo Marino, La Galleria, Palazzo Reale, il Tribunale, City life, Cascina Merlata e Tecnocity alla Bicocca.
Mai visto tanto vanto per una goccia nel mare. L’infinita pletora di scuole, ospedali, edifici pubblici o amministrativi etc. di Milano, tira ancora avanti con le classiche caldaie. Perché questa stagnazione nello sviluppo della rete di teleriscaldamento?
Tuttavia anche molti concittadini ci mettono del loro per mantenersi a pari passo le contraddizioni del periodo: a parte coloro che utilizzano la macchina anche per andare al gabinetto, i negozianti di Corso Buenos Aires e del centro, ad esempio, si ostinano a tenere gli ingressi dei propri esercizi commerciali spalancati con conseguente ed enorme dispersione di calore. A quanto sembra, siamo diventati troppo cretini o troppo pigri per riuscire ad aprire una porta (anche automatica) e, trovandola chiusa, rinunceremmo ad entrare nei negozi causando un danno economico agli esercenti.
Rimanendo in tema di pigrizia e di un’ecologia di comodo biologicamente suicida, sono d’obbligo due ultime considerazioni. Come accennato in principio, questa città va sempre di corsa. Così di corsa, che ormai ci facciamo recapitare a domicilio ogni genere di necessità o futilità: da un televisore, a un mobile, fino alla verdura. Pare che i milanesi non dispongano più di tempo libero per farsi due passi fino a una libreria o al supermercato più vicino e la conseguenza più diretta è un via vai incessante di furgoncini o motorini a tutte le ore del giorno e della notte per le nostre vie. Un nuova tipologia di traffico che si aggiunge a quello privato. Quanto ha impattato questa svolta di abitudini sulla qualità dell’aria?
In ultimo luogo, le analisi dell’ARPA (Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente), sempre e solamente nei periodi che non corrispondono ai grandi eventi. Onesto, da parte dell’ente e delle amministrazioni locali, sarebbe mostrarci i rilevamenti prima e dopo settimane della moda e art week (infarcite di tessuti e innovazioni eco sostenibili), dove un numero impressionante di auto nere, van e suv, assediano la città paralizzandola. Forse nulla cambierebbe, (avevano più probabilità i nostri antenati di scacciare gli austriaci con moschetti antidiluviani e forconi che noi di bloccare un nichilista flusso economico) ma almeno i milanesi disporrebbero di dati oggettivi dai quali trarre le proprie conclusioni.
Un'informazione a senso unico, che non ragiona, non rischia e non si sforza di scovare le piccole e grandi incongruenze nascoste o camuffate di questa città, ci preclude il diritto di ragionare autonomamente. 
E ora, se volete scusarmi, mi accendo una sigaretta. Lo so, non mi fa bene ma ho appena annusato l’aria e l'unica cosa che sono riuscito a pensare è stata, “almeno questa ha il filtro”.
Riccardo Rossetti 

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