I RAGAZZI DELLA VIA PAL - Ferenc Molnàr
- 09 aprile 2020 Cultura
Ogni mattina alle ore 08:00 proponiamo ai nostri lettori la parte iniziale e finale di un capolavoro della letteratura universale. A cura di Stelio Ghidotti
INCIPIT
Erano le dodici e
tre quarti
Proprio in quel momento sulla cattedra del laboratorio di scienze naturali, dopo lunghi e scoraggianti tentativi, nella fiamma incolore del becco di Bunsen apparve finalmente, anche se un po’ svogliata e quasi solo per non deludere tanta attesa eccitata, una luminosa striscia color verde smeraldo: provando in tal modo che una data combinazione chimica, che, secondo l’affermazione del professore avrebbe tinto di verde la fiamma, effettivamente l’aveva tinta di verde.
E, alle dodici e tre quarti in punto, proprio in quel momento di giubilo, nel cortile d’una casa vicina
sii mise a suonare un organetto, spazzando via di colpo l’atmosfera solenne del grande avvenimento. La finestra era spalancata in quella tepida mattinata di marzo, e le note, trasportate da una brezza primaverile, invasero l’aula. Erano le note di un’allegra canzone magiara, la quale però, grazie all’infernale organetto, si trasformò in una chiassosa e confusa marcia alla viennese, così che a tutta la classe venne una gran voglia di ridere e taluni, infatti, sghignazzarono in sordina.
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FINIS
Il giorno dopo, a scuola, quando nel
silenzio raccolto, quasi religioso della classe, il professor Ràcz,
con passi lenti e solenni, salì in cattedra per commemorare con
alcune commosse parole Erno Nemecsek e per invitare tutti quanti a
trovarsi l’indomani, alle tre del pomeriggio, vestiti di nero, o
per lo meno di scuro, davanti alla casa di via Ràkos, Jànos Boka,
con aria tesa, teneva gli occhi fissi sul banco davanti a sé: nella
sua pura e semplice anima di ragazzo per la prima volta si affacciò
la vaga intuizione che la vita degli esseri umani fosse, innanzi
tutto, una cosa difficile: da vivere e, tanto più da capire.