IL ROMANZO DELLE ORE 20

Il RIFUGIO di Albertina Fancetti - Trentaduesima puntata

La pioggia lasciò il posto a un sereno novembre che portò giornate fredde, ma luminose. I colori dell’autunno erano in pieno rigoglio, regalavano alla città i loro toni splendenti, lungo i viali coperti da un tappeto di foglie dorate. L’attività del Rifugio aveva ripreso i suoi ritmi: i bambini da accompagnare e seguire nei compiti, i pranzi da preparare per gli ospiti e le tante occupazioni che tenevano i volontari molto impegnati. Fu proprio il lavoro intenso e l’affetto degli amici che aiutò Valeria a superare quel periodo difficile. Il tornare a casa la sera rappresentava sempre il momento più critico, pensava che forse avrebbe dovuto tenere un gatto, come aveva fatto Gabriele quando aveva dovuto affrontare la perdita della madre. Era ormai trascorsa da un pezzo l’ora di cena, quando sentì suonare il campanello. Si avviò verso l’ingresso e aprì la porta senza neppure guardare dallo spioncino, si considerava ormai talmente allo sbando che nulla poteva più farle paura. Tuttavia rimase sbalordita nel trovarsi davanti Romita che, con il volto rigato di lacrime, le buttò le braccia al collo.
- Ti prego non mi mandare via! – la pregò lacrimando.
La ragazza indossava una salopette di tessuto denim che conteneva l’addome ingrossato dalla gravidanza, e la faceva apparire ancora più giovane e indifesa. I capelli neri ora le arrivavano alle spalle e il suo visto si era arrotondato. Portava scarpe sportive e uno zainetto che conteneva le sue poche cose.
- Romita cosa hai combinato? Sei scappata dalla comunità? - le chiese Valeria con apprensione, dopo averla fatta accomodare in salotto.
- Sì, sono scappata e non ci voglio più tornare. Ho tanta paura, fra un mese nasce il mio bambino e me lo porteranno via - rispose la ragazza piangendo.
- Ma no tesoro cosa ti viene in mente, e poi come hai fatto a ricordarti il mio indirizzo?
- L’ho chiesto alla psicologa, le ho detto che volevo scriverti una lettera per ringraziarti. Ho tanta paura Valeria, non sono mai stata in un ospedale, mi hanno detto partorire che fa molto male, e poi non voglio perdere il mio bambino, gli voglio già tanto bene e ormai ho soltanto lui.
Valeria si meravigliò dei progressi che la ragazza aveva acquisito nell’esprimersi nella lingua italiana.
- Vieni in cucina, prepariamo qualcosa da mangiare e poi decideremo cosa fare. Allora ti hanno fatto un’ecografia e sai già che sarà un maschietto? - le chiese.
- Sì me ne hanno fatte due e mi hanno detto che va tutto bene, ho solo un po’ di anemia - le confidò Romita accarezzandosi l’addome.
- Santo cielo! Domani compreremo delle bistecche e degli spinaci - decise Valeria.
- Allora posso restare? Mi tieni qui con te? - lo sguardo di Romita era colmo di speranza.
Valeria la guardò con tenerezza e prese la sua decisione. Fu come se i fili di un disegno -che fino ad allora aveva considerato perverso- si stessero riannodando fra loro creando qualcosa di positivo.
- Sì, questa volta starai qui fino a quando lo vorrai tu. Non permetterò a nessuno di portarti via. Questa notte dormirai nella cameretta di Simona, poi organizzeremo dei cambiamenti per preparare la stanza del bambino. Però dobbiamo avvisare l’ispettore La Rocca. In comunità ti staranno cercando. Lo chiamerò da Ursula e spero di trovarlo lì. Devi fidarti di me - assicurò Valeria.
Consumarono in fretta la cena e poi Valeria si accinse a comporre il numero di Ursula e si fece passare l’ispettore.
- Volevo avvisarla che Romita è fuggita dalla comunità e ora si trova in casa mia - gli disse senza preamboli.
- Grazie al cielo, mi avevano appena avvisato della sua fuga ed ero molto preoccupato - rispose l’ispettore.
- Ciro, la ragazza vuole rimanere da me e questa volta non sono disposta a lasciarla andare via, sono pronta a correre qualsiasi rischio per proteggere lei e il suo bambino - concluse Valeria.
- Dobbiamo parlarne con calma Valeria. L’organizzazione che l’aveva rapita è stata annientata, non ritengo quindi che ora la ragazza sia in pericolo, ma sarebbe opportuno procurarle una nuova identità prima che nasca il bambino - spiegò La Rocca.
- Ispettore, lei ritiene che io potrei adottarla e darle il mio nome, dopo tutto Romita è ancora minorenne. Se diventasse mia figlia anche il bambino sarebbe tutelato come mio nipote - propose Valeria.
- Non posso risponderle in questo momento. Si tratterebbe di una procedura inconsueta e di solito le pratiche sono lunghe, ma trattandosi di un sistema di protezione e dal momento che abbiamo gli assistenti sociali dalla nostra parte, forse potremmo sveltire la pratica. Le farò sapere - assicurò Ciro.
I giorni successivi trascorsero in preda a un’angoscia febbrile. I documenti da fare erano molti e Valeria si ritrovò a passare le giornate tra comune e questura. Con l’aiuto dell’ispettore le pratiche vennero espletate con rapidità e alla fine del mese, quando mancavano ormai pochi giorni al parto, Romita risultò ufficialmente sua figlia adottiva.
- Allora tesoro, hai scelto il nome che ti piacerebbe portare?- le chiese Valeria.
- Valentina, Valentina Poletti, come una brava ragazza italiana - le rispose gioiosa.
Mentre Valentina riposava, per tutto il fine settimana Ursula, Ciro, Gabriele e Valeria avevano dipinto le pareti della camera da letto con fantasiosi pannelli pieni di cuccioli di ogni specie e angioletti appollaiati su nuvolette bianche. I mobili nuovi erano stati sistemati accanto alla culla azzurra. Valeria si era trasferita nella camera di Simona, ristrutturata con l’aiuto di un architetto amico di Ursula. Alla fine dei lavori Valeria preparò una spaghettata per tutti. Seduta a tavola con in braccio Fragolina, guardava i giovani volti che la circondavano e si sentì felice come da tempo non le accadeva.Il primo giorno di dicembre Valeria accompagnò Valentina alla clinica Mangiagalli dove, a seguito di taglio cesareo, venne alla luce Matteo, un bellissimo bambino con i capelli neri come la sua mamma.

L'INGLESE CANTANDO

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Com'è bella Milano

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