Il rumore dell’ultimo T-Rex

Lorenzo Cianchi, Il rumore dell’ultimo T-Rex, Taut, Milano 2020, euro 10,00.

Il rumore dell’ultimo T-Rex, secondo lavoro di Lorenzo Cianchi, è il primo esemplare fuoriuscito (con lo stesso editore, Taut) dall’antologia Planetaria – 27 poeti del mondo nati dopo il 1985, che ormai più di un anno fa aveva destato qualche interesse. Per approcciare al lavoro di Cianchi non sembra così utile seguire la struttura del libro (canonicamente suddiviso in capitoli, cinque per quarantasei testi), piuttosto concentrarsi sul titolo e di questo titolo isolare una parola che faccia da fuga, da segnale da scovare qui e là nel volume. Alberto Pellegatta, nelle alette suggerisce il «rumore» che, in effetti, compare se non come un leitmotiv, almeno con una certa insistenza fra le poesie. Definire il rumore che sfrigola in occasioni diverse fra loro, fino a farsi onomatopea muta nell’ultimo testo («HHHHHHHHHHHH / HHHHHHHHHHHH / HHHHHHHHHHHH») non è semplice: non si può liquidare come un rumore di fondo, no: se fosse così, non solo la parola-motivo, ma la sua estensione semantica e la realizzazione in immagine sarebbe ben più di diffusa e insistente; semmai, ciò che più suggerisce è un qualcosa di irrisolto: un'azione o un agire che continua a battere il suo colpo senza un ritmo o una cadenza precisi. Speculare sul motivo del rumore, comunque, non è una leggerezza, perché il testo dal quale è estratto il titolo per l’intero volume e che, programmaticamente, è preposto ai capitoli, non sembra rendere così giustizia di quanto poi lo segue. Si prenda, per esempio, una poesia che cade verso la fine della prima sezione: «Eravamo fermi / davanti ai filtri / grandi come delle stanze / dove si condensavano / i resti del pensiero che non riuscimmo / a smaltire». Ecco, il rumore che via via appare trova in questi versi la sua origine: «i resti del pensiero che non riuscimmo / a smaltire». Una delle impressioni che più si fanno valere alla lettura del libro è che la maggioranza delle poesie nutrano una natura incipitaria: composte e misurate, certo, ma che sempre lasciano a bocca aperta: nel senso, che uno si aspetterebbe una prosecuzione che però puntualmente non c’è. Si potrà parlare di flash, di non finito o di frammento (e, a dirla tutta, c’è una poesia divertente che mostra con intenzione la mancanza di qualche pezzo), ma così facendo non si mirerà al centro. Le poesie di Cianchi – è evidente – non sono pensate in questo modo. Esagerando un po’, in questo volume a parlare è uno spirito del tempo: Cianchi (classe 1985) non è così distante dagli scrittori nati nel decennio a lui successivo. C’è una disposizione che circonda e accomuna le poesie: costitute da un’atrofia fantastica. Cosa che non è riducibile a una questione tecnica. Si è un passo prima: ciò che si mostra è la rassegnazione (non si sa bene fino a che punto cosciente) che informa i testi, anche quando ideologicamente si propongono il contrario. Come dire, che vi sia un solo piano possibile di manovra – la più basilare e triste vita di chiunque in ogni parte del mondo. A mancare, per dirla con Gregorio Scalise, è «l’altra vita dei poeti». E, in effetti, in Cianchi è riscontrabile una certa difficoltà. La difficoltà, sentimento che il poeta stesso riferisce in modo sparso lungo il libro, è quella di riuscire a rendere pienamente conto di ciò che preme e, oltre un certo limite, affogherà. Quella sensazione di incipit che accerchia le poesie de Il rumore dell’ultimo T-Rex ne è la risultante: per quanto Cianchi filtri e strizzi il «pensiero», quello sembra essere sempre resistente a una completa risoluzione.

Davide Cortese


340 volte

provando a scavalcare

per +++++++++

e ancora [?] lanciare

oltre se stessi

di quale fumo dovremmo essere avvolti

oltre i tetti.


**


La ferita accidentale

al medio

non ha lasciato danni permanenti

ha inserito solo

una punta di fastidio

intermittente

e duraturo

per far sentire

che non era tutto liscio

che qualcosa poteva andare storto.


Scomodo

con il mio dito nella mano

come una penna

che ti potrebbe lasciare

senza inchiostro.


**


Niente,

non riesco più

a rispondere alle

domande più elementari

procuro suoni basici

delle minime funzioni del vivere

non sono riuscito a sopravvivere ai miei sogni,

sono diventato l'elemento grottesco

dei miei gorghi.