La virtù del riso
- 09 giugno 2017 Poesia della notte
Da Cèline di Cristina Annino
Lo dico da sveglio, non sogno.
Quel polso di carne o cucchiaio,
chi è? Toglie la visuale. Noi, si vive
gloriosamente toccando
ancora le cose, ed è tanto, se
elenchiamo
le muffe di casa saltando
gradini con in mano fiaccole. Ma
ogni volta la stessa solfa: chi fa tana
per primo?
Nel dito appena dell'alba,
nella sua lente ruffiana, noi
si ride. Da tordi, da umani, poi
liquidi come risaie. Abbiamo
riso d'essere negri, sassi, caldaie,
diventando loro. Ché
l'invisibile è il più evoluto
movimento di luogo. Come
gli indiani al cine: il petto
aperto da spari di cristiani,
ruotano a lampade accese, e
nemmeno uno spirito cade. Cosi
ridono i falegnami.
Mai
vocazione unta, tipo rime
senza risaie, che non reggono
il lampo e un fulmine gli abbaia
dietro. Ognuno sbatte
sul mondo, ed è vero, la sua faccia
di rame. Fine. Allora chi è - e poi
grazie - quel cucchiaio di carne?