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Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nota semplicemente come Grazia Deledda  (Nuoro28 settembre 1871– Roma, 15 o 16 agosto 1936), è stata una scrittrice italiana vincitrice del Premio Nobel per la letteratura 1926. È ricordata come la seconda donna, dopo la svedese Selma Lagerlöf, a ricevere questo riconoscimento, e la prima italiana


Nacque a Nuoro, in Sardegna, il 28 settembre 1871, quarta di sette tra figli e figlie,[5] in una famiglia benestante. Il padre, Giovanni Antonio Deledda, laureato in legge, non esercitò la professione. Agiato imprenditore e possidente, si occupava di commercio e agricoltura; si interessava di poesia e lui stesso componeva versi in sardo, aveva fondato una tipografia e stampava una rivista. Fu sindaco di Nuoro nel 1863. La madre era Francesca Cambosu, donna di severi costumi; dedita alla casa, educherà lei Grazia. La Deledda ha dovuto affrontare un lungo corpo-a-corpo per dare forma alle aspirazioni profonde, per rispondere alla voce interiore che la chiamava irresistibilmente alla scrittura, soprattutto contro la piccola e chiusa società di Nuoro in cui il destino della donna non poteva oltrepassare il limite di «figli e casa, casa e figli». Grazia reagì, rivelando così da protagonista il travaglio della crisi epocale del mondo patriarcale (contadino e pastorale). Importante per la formazione letteraria di Grazia, nei primi anni della sua carriera da scrittrice, fu l'amicizia con lo scrittore, archivista e storico dilettante sassarese Enrico Costa, che per primo ne comprese il talento. Nel 1888 inviò a Roma alcuni racconti. Il 22 ottobre 1899 si trasferì a Cagliari, dove conobbe Palmiro Madesani, un funzionario del Ministero delle Finanze, che sposò a Nuoro l'11 gennaio 1900. Dopo il matrimonio, Madesani lasciò il lavoro di funzionario statale, per dedicarsi all'attività di agente letterario della moglie. La coppia si trasferì a Roma nel 1900, dove condusse una vita appartata. Ebbero due figli, Franz e Sardus. Nel 1903 la pubblicazione di Elias Portolu la confermò come scrittrice e l'avviò a una fortunata serie di romanzi e opere teatraliCenere (1904), L'edera (1908), Sino al confine (1910), Colombi e sparvieri (1912), Canne al vento (1913), L'incendio nell'oliveto (1918), Il Dio dei venti (1922). Da Cenere fu tratto un film interpretato da Eleonora Duse. La sua opera fu apprezzata da Giovanni Verga oltre che da scrittori più giovani come Enrico ThovezEmilio CecchiPietro PancraziAntonio Baldini. Fu riconosciuta e stimata anche all'estero. Il 10 dicembre 1927 le venne conferito il premio Nobel per la letteratura 1926 (non vinto da alcun candidato l'anno precedente, per mancanza di requisiti), «per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano»,Grazia è stata la prima donna italiana a vincere il premio Nobel. Un tumore al seno di cui soffriva da tempo la portò alla morte nel 1936, quasi dieci anni dopo la vittoria del premio. Sulla data del giorno di morte c'è controversia: alcune fonti riportano il 15 agosto, altre il 16.



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