CHE SIA APERTO IL RITORNO ALLA NORMALITÀ
- 11 ottobre 2021 Cultura

Domenica ho fatto ritorno in una
sala cinematografica dopo un paio di anni di assenza e un paiolo di
danni che l'assenza ha procurato a oltre 130.000 persone, alla faccia dei no
vax e di quei manifestanti che non vogliono vaccinarsi e che
considerano il Green Pass una lesione alla propria libertà. È stato un primo
ritorno alla cosiddetta normalità, una normalità che si spera non essere più
come prima bensì più consapevole nei confronti e nei rispetti della Natura,
dall'essere umano costantemente sfruttata e lesionata e non compresa (vedi
Trump e colleghi). Il film che ho visto è il 25° della saga di James Bond e il
quinto interpretato da Daniel Craig: "Non c'è tempo per morire",
ultimo anche della serie con Craig. La faccia di questo attore è particolare:
ricorda, perlomeno a me, quella del pupazzo Four che era la Star del programma
per bambini "Ciao ciao", in onda sulle reti Fininvest negli anni
Ottanta-Novanta. D'altronde il pupazzo era un burattino, vale a dire che veniva
animato dalle abili mani di due animatori uno era spesso Caterina Loi, figlia
del grande regista Nanni. E forse l'accostamento non è del tutto azzardato,
visto e considerato che anche Bond viene mosso dai vertici dei servizi segreti
- in questo caso il famoso MI6 inglese - in maniera spesso oscura, manovrato
appunto come un burattino. La vicenda attuale lo vede contrapposto una volta
ancora alla Spectre, fantomatica organizzazione terroristica che persegue la
finalità di comandare per sempre il mondo.
Ormai in pensione James Bond viene richiamato in servizio: segreto, dopo che il
suo numero in codice è stato assegnato a un altro agente, una collega che
dovrebbe essere anche la prossima interprete del personaggio creato da Fleming
(anche se sarà un po' dura non sentire più la fatidica frase: "Il mio nome
è Bond. James Bond). La storia prende l'avvio in Italia, a Matera, dove con
spettacolari inseguimenti in auto e in moto in quella città spettacolare che è
Matera vecchia: quella dei Sassi.
L'atletico Craig riesce a sfuggire alla morte decretatagli dalla
famigerata Spectre. C'è da dire che se queste scene d'azione sono da sempre poco
credibili, credibilissimi invece sono gli stuntmen: bravissimi, che le svolgono
con una bravura eccezionale, una competenza da applauso a scena aperta, una
maestria formidabile. Matera tiene il campo per la primissima parte del film,
per poi spostarsi in altre cosiddette location, vale a dire set. Da aggiungere
poi che la personificazione di James Bond da parte dell'attore chiamato a
interpretarlo è molto mutata dai tempi di Sean Connery, per alcuni Il miglior
Bond della serie per la sua prestanza fisica (non per niente si classificò
terzo al concorso di Mister Universo), per l'ironia, per la simpatia. Poi
vennero Roger Moore (bellezza e ironia ma come più manichino invece che
manicheo, perché in lui non si notava una contrapposizione netta fra bene e male
ma una interpretazione inetta come attore), Pierce Brosnan che
sembrava un modello pubblicitario degli anni '50 intento a reclamizzare un
dopobarba e infine, con "Casino Royale", primo film con Craig
protagonista ispirato al primo romanzo della serie uscito nel 1953, stesso anno
di uscita del capolavoro di Chandler "Il lungo addio", la narrazione
si fa dura e violenta, conquistando o riconquistando il pubblico, specialmente
quello dei giovani o quello giovanile dei tanti che ancora si credono giovani:
magari dentro di loro, molto dentro, dove ci vuole l'animo di uno speleologo
per rintracciare il nocciolo del frutto della giovinezza ormai spolpato,
ingerito e digerito. Inutile scandalizzarsi se le vicende del personaggio di
Ian Fleming sono mutate così tanto, perché siamo noi ad essere mutati, e tanto.
La nostalgia non può surclassare il presente. D'altronde se Fleming è anche il
nome dello scienziato che con la scoperta della penicillina ha saputo
sconfiggere i batteri di alcuni virus maligni, quello dello scrittore Ian con
l'invenzione del suo celebre personaggio è stato l'autore che ha sconfitto:
perlomeno nella finzione letteraria, il male provocato da umani verso altri
umani, e che dopo alcune ore trascorse a leggere i suoi libri o a vedere i film
da loro ispirati, il pubblico dei lettori o degli spettatori può tirare un
sospiro di soddisfazione e di sollievo perché il Bene ha trionfato sul Male e
la normalità ha ripreso il suo corso. Che si spera non sia il corso della via
omonima romana o il corso Italia dove di recente sono avvenuti scontri fra
manifestanti e polizia, con assalto finale alla Confederazione Generale
Italiana del Lavoro.
Antonio Mecca