CODICE ROSSO Di Antonio Mecca Cap. 4

Poi con la memoria tornai a qualche mese prima, quando nell’ufficio della mia agenzia era entrata una bella ragazza: Anna Salviti. Aveva varcato la soglia della stanza con passo insicuro, sul viso un misto di curiosità e timore, gli occhi lucidi che sembravano attaccarsi agli oggetti che fissavano come pezzi di carta moschicida sulle mosche. Era non molto alta, ma di sicuro molto graziosa.

- Buongiorno – salutò con voce dal timbro gradevole.

Mi piaceva, quella voce, così come mi piaceva quel viso, così come mi piaceva quel corpo. E questo già bastava a predispormi benevolmente nei suoi confronti.

- Buongiorno – risposi. – Si accomodi e mi dica come potrei esserle utile.

Lei sedette, prima di parlare; quindi si decise.

- Ho bisogno di protezione – rivelò. – Mi sono lasciata con il mio ragazzo, e lui mi ha chiesto un ultimo appuntamento. Io gliel’ho concesso, per domani pomeriggio, al parco di Palestro. Ma ho paura che possa farmi del male. Se ne sentono tante…

- Perché allora ha accettato di rivederlo?

Sollevò le spalle, come per meglio sistemarsi un invisibile zaino.

- Abbiamo avuto una relazione durata cinque anni, che è stata anche molto bella. Mi spiace quindi lasciarlo così, per telefono.

- Ci si può lasciare anche così: per telefono. Che tra l’altro è molto più sicuro. Non disse nulla. Io continuai. - Per quale motivo ha deciso di interrompere la relazione?

- Non mi piaceva più. Meglio darci un taglio prima che pentirsene dopo.

- C’è forse un altro all’orizzonte?

- No, no. È solo per quello che le ho detto.   

- Quindi, come intende procedere per quanto mi riguarda?

- Vorrei che ci tenesse d’occhio. Abbiamo fissato l’appuntamento per domani alle cinque. Siamo d’accordo  che lo aspetterò nei pressi della fontana vicino la statua di Montanelli. Si tenga pronto a intervenire, signor Solmi, perché un uomo che si sente ferito nei propri sentimenti può essere molto pericoloso.

- Può mostrarmi una sua foto?

Lei per tutta risposta cavò dalla borsetta l’ormai onnipresente smartphone e digitò sulla tastiera qualcosa. Poi me lo porse. Sul display c’era la fotografia di un giovane sui trentacinque, non brutto ma con addosso le stimmate della gelosia che lo rendevano ben poco appetibile e affidabile.

Lo fissai per bene, poiché mi sembrava un individuo non certo per bene. Quindi le restituii il telefono.

- Okay. L’ho memorizzato, Allora dovrei trovarmi lì prima delle cinque, domani, e aspettare il vostro arrivo.

- Sì. Io sarò lì per le cinque, e poi sarà quel che sarà.

- Già.

- Quanto le devo dare? – si informò.

- La mia tariffa è di trecento euro al giorno, escluse le spese – la informai a mia volta.

Lei cavò dalla borsetta un grazioso portafoglio e da questo sei ancor più graziose banconote da cinquanta. Quindi me le porse. Le presi con delicatezza, posandole sul ripiano della scrivania.

- Mi farà sapere poi le spese che avrà avuto.

- D’accordo. Sarò lì da prima delle cinque seduto su una delle panchine nei pressi della fontana.

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