GIALLO A VERBANIA 10

Giunsi a Intra in tempo per salire sul traghetto delle 17,00. Sceso poi dall’auto salii al piano superiore, per ammirare il lago e le montagne circostanti, quelle che ci lasciavamo alle spalle e quelle che avremmo di lì a poco raggiunto. L'acqua del lago aveva un colore azzurro luccicante come quello di uno zaffiro utilizzato per tagliare il cristallo di una vetrata dietro la quale campeggiassero pietre preziose illuminate da faretti lì direzionati. Al posto dello zaffiro c’era invece uno zeffiro, che soffiando sulla superficie lacustre ne sollevava leggermente le onde come tanti fazzoletti orlati di pizzo bianco intenti a salutare chi stava transitando. Era quasi il soffio di una divinità che tentava di instillare la vita in organismi ancora al loro stato primordiale.

Venti minuti durava la traversata, e quando arrivammo in prossimità del porticciolo già si stava staccando un altro traghetto. Le due grandi imbarcazioni, incrociandosi, parvero i contrappesi di un orologio subacqueo intento a segnare il tempo che segna tutti. Tornai al volante della Lancia. 

Dal piazzale dell'imbarcadero si scorgeva l'edificio della stazione ferroviaria dipinto con il colore delle ex case cantoniere in disuso ormai da anni. Sulla sinistra della strada alcuni cartelli stradali indicavano le località di Varese e di Luino distanti 18 km. Cittiglio sapevo trovarsi a soli due km da Laveno, separato in quei duemila metri da una natura verdeggiante, così diversa da quella spesso arsa del Sud.. Questa era riposante, ma non spingeva all’ozio bensì al lavoro fattivo. Il paese in questione era però triste come molti altri paesi confinanti, paesi che non si affacciavano sul lago e non godevano della sua luce di bellezza e di speranza. Erano comunque comunità che sorte intorno alla chiesa locale, erano riuscite con un duro e onesto lavoro a ottenere per sé e per le proprie famiglie un benessere che aveva garantito quel passo in avanti di cui invece molte nazioni: ancorate al pregiudizio razziale o di casta di supremazia sessuale nei riguardi verso le donne ancora non avevano ottenuto. La famiglia di Anna Giansiri abitava nel centro del paese. Scesi dall'auto dopo averla sistemata in un parcheggio a pagamento dalla cui macchinetta ottenni un biglietto valido per due ore. La casa di Anna era un edificio di pietra grigia con imposte verdi, che mi fece pensare ad un corpo ormai vecchio sul quale fossero state trapiantate giovani e fresche pupille: gli occhi di giovani con i quali guardare alla vita e al futuro con la fiducia tipica di chi un futuro dovrebbe ancora averlo perché era ancora giovane.

Antonio Mecca


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