I CLOCHARD DIMENTICATI E ALLA RISCOSSA

Mi son chiesto talvolta come hanno vissuto nelle nostre città  i clochard durante il lockdown? A questo interrogativo mi è  venuta incontro un'indagine fatta dalla giornalista Brunella Giovara e riportata da La Repubblica del 15-3-2020.

In Italia circolano 50mila persone senza fissa dimora, delle quali almeno 3 mila solo a Milano.

Ci si può  chiedere: "Come mai queste minoranze confluiscono nelle nostre città?". Perché  qui trovano più  opportunità: servizi gratuiti di mense, docce, alloggio, controllo sanitario, cambio vestiario e, naturalmente, più persone disposte all'elemosina.

Per rimanere nella città  di Milano, qui trovano 2.7000 posti letto, diverse mense pubbliche, vestiti e cambi nuovi, qui la grande macchina della carità milanese si prodiga in diverse ore del giorno e della notte. Ma durante i mesi del lockdown questa macchina si è rallentata. I centri diurni sono rimasti chiusi, così pure le tante mense dei poveri, gente in giro ne circolava poca e quindi risultava ridottissima la possibilità di ricevere la carità. Chi ha sfamato allora i senzatetto, primordiale esigenza? Rimanevano soltanto i volontari della Fondazione Arca, che durante il giorno assicuravano la distribuzione di panini freddi; durante la notte, possedendo i contenitori caldi, distribuivano pure pasta riscaldata al pesto, frutta e dolce, ma il tutto da consumare in piedi, nella zona di via Agnello. Perfino la  Croce rossa, sempre presente nel periodo extra Covid, aveva  sospeso il servizio pasti. Era impossibile in quel periodo trovare clochard muniti delle medesime precauzioni richieste ai comuni cittadini per difendersi dal virus: mascherine e disinfettanti. 

Infatti, Patrizia Sironi, responsabile della fondazione, sosteneva che a mala pena all'inizio della pandemia era riuscita ad acquistare per gli operatori e i senzatetto 11.700 mascherine e disinfettanti, che sarebbero durate poco tempo. Impossibile anche avere a disposizione un luogo chiuso dove potersi rifugiare ed essere tranquilli. 

"Ci dicono di stare a casa. Ma quale casa?" - ha risposto Pacifico, 60-70 anni. "Io l'ho persa 3 anni fa". Tendenzialmente però i senza fissa dimora si ritrovavano in un luogo considerato più riparato, davanti alla libreria di via Hoepli, dove ogni tanto arrivava il dott. Martella, un giovane volontario di 27 anni, per misurare la febbre col termometro digitale. 

Nella storia dei senzatetto di Milano nel periodo del lockdown si ha memoria di 2 episodi che potrei definire paradossali e farseschi. Nei primi tempi del confinamento in casa nella metropoli spopolata un uomo, camminando   senza mascherina in via Crescenzago e senza una giustificazione, veniva denunciato da una volante perché non rispettava il decreto governativo. La questura faceva  sapere che la denunzia non avrebbe dato seguito per lui e per gli altri clochard come lui. Per la stessa inosservanza del decreto governativo che vietava l'assembramento sono stati multati, verso fine aprile, alcuni volontari di Spazio Aperto Servizi durante l'assistenza ai senzatetto.

Non si conoscono casi di clochard deceduti per il virus, salvo che qualcuno sia rimasto confuso tra le vittime  ignote del dramma del nostro tempo. Mi piace invece pensare che  qualche senzatetto sia stato richiamato, durante il lockdown, in una casa vera da un parente pietoso o pentito, poiché sono convinto che nessuno  sceglie veramente la vita di strada. 

Verso  chi sostiene ancora che quella dei clochard sia scelta di vita un ex  che ha condotto per 8 anni la loro vita rispondeva: "Non ho mai conosciuto persone convinte di questo, magari qualcuno si autoconvinceva. Forse una volta era vero; chi lo dice ora lo fa per non impazzire. La vita di strada è difficile". 

Questo insolito personaggio si chiama Warner Molteni che, dopo aver dormito per 8 anni su un cartone nella Galleria Cristoforis, si sta prodigando da anni per il riscatto di queste persone e il loro reinserimento sociale. Egli sostiene che l'assistenzialismo è  giusto all'inizio della vita dei senzatetto, che però a lungo andare si incancrenisce e diventa un vicolo cieco. Per creare un'alternativa e quindi per permettere un reintegro sociale a queste persone è perfino diventato consulente del Comune di Milano.

Il  suo raggio d'azione si estende anche fuori Milano; ad esempio è  riuscito a creare nel pistoiese la prima fattoria gestita da 12 ex senzatetto. Nella sua "La Fattoria dei Clochard alla Riscossa" gli ex gestiscono in una tenuta di 500 mq un agriturismo e dopo un anno saranno in grado di farsi una casa per conto proprio e avere un lavoro in autonomia, lasciando il posto ad altri come loro.

Vorrei ricordare però anche un ottimo tentativo fatto a Milano dai City Angels di risolvere in modo diverso e meno assistenziale il problema dei senzatetto con la creazione dell' "Oasi del clochard" in via Lombroso.  Tentativo purtroppo finito miseramente l'anno scorso per sfratto esecutivo richiesto dalla proprietà .

Tra dimenticanze e tentativi di riscossa per i senzatetto la loro vita nella città continua come sempre allo stesso modo.


Luciano Marraffa

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