LO SVITATO DI CARLO LIZZANI
- 21 giugno 2023 Cultura

Il 1956 fu l'anno in cui apparve "Lo Svitato", film diretto da Carlo Lizzani e interpretato da Dario Fo. All'epoca trentenne - era nato a Sangiano, provincia di Varese, il 24 marzo 1926 - il futuro vincitore del premio Nobel per la letteratura aveva già un passato di autore teatrale e radiofonico, essendosi fatto conoscere in qualità di attore di qualità per la sua verve scatenata, diretta discendente dei grandi comici del passato, generalmente stranieri e specialmente angloamericani quali Chaplin, Keaton, Semon. I loro drammi che si trasformano in farse e anche in forse, poiché mettono in discussione per noi spettatori quello che i film ci stanno proponendo: la sacralità del potere, quella delle forze dell'ordine costituite per arginare il male (o più semplicemente la protesta), quella degli insegnanti: cattivi maestri magari, quella dei principi della Chiesa che mettono in discussione con il loro comportamento i princìpi fondati dal Cristo fondatore. Bisogna essere giullari come Benigni per poterne dire di tutti i colori, per poter trasformare il grigiore della realtà nel colore della fantasia, per sformare l'apparente solidità del preesistente. "Lo Svitato" precorre il celebre "Forrest Gump" di 28 anni. Anche qui, come lì, il protagonista corre sempre perché amante delle corse, e da fattorino di un giornale diventa giornalista, vive una breve ma intensa storia d'amore con la bella Giorgia Moll, all'epoca diciottenne, per poi approdare alla splendida Franca Rame, dalla quale l'anno prima aveva avuto il figlio Jacopo. Il film è uno dei pochi lungometraggi girati a Milano, all'epoca ancora afflitta per molti mesi all'anno dalla nebbia, che secondo un celebre concorrente del celeberrimo "Portobello" sarebbe scomparsa se si fosse abbattuto il monte Turchino. Cose turche - o turchine - che si dovevano sentire! Nel film - che fu scritto tra gli altri da Dario, suo fratello Fulvio, dal regista Lizzani - si passa da un luogo all'altro della città, una città che precede di poco i film milanesi del regista Ermanno Olmi e di molto quelli comici di Pozzetto, Celentano, Abatantuono. Dario Fo girò 15 film soltanto, non ottenendo con ogni probabilità successo tale da poter abbandonare il teatro definitamente come già aveva fatto Alberto Sordi o intervallarlo con i suoi lavori teatrali come fece Eduardo De Filippo, il quale negli anni Cinquanta girò moltissimi film perché impegnato nel pagare le spese di gestione del teatro San Ferdinando da lui rilevato e restaurato. "Lo Svitato" rimane un film molto particolare, che si vede o si rivede volentieri, supportato da ottimi caratteristi quali Franco Parenti, Alberto Bonucci, Umberto D'Orsi, Giustino Durano. Naturalmente non si può gridare al capolavoro anche perché alcune gag hanno l'inevitabile sapore stantio dovuto agli anni passati; resta comunque un film pregevole da gustare e: perché no?, da rimpiangere per la semplicità che quell'epoca precorrente di poco il boom ha saputo fornire. Concludiamo ricordando che l'ammontare del premio Nobel: un miliardo e quattrocento milioni di lire, fu interamente devoluto ai disabili. Un gesto encomiabile che rende onore al grande attore e commediografo e arrende alla sua generosità davvero poco usuale fra gli esseri umani.
Antonio Mecca
Antonio Mecca