Ricordiamo Walter Bonatti

Un grande alpinista, un'ottima persona

Ricorreva ieri: 13 settembre, il decennale esatto della morte di Walter Bonatti, deceduto a Roma il 13 settembre 2011. Quello che viene considerato da molti il più grande alpinista italiano - e non solo italiano - di tutti i tempi. Era nato a Bergamo il 22 giugno 1930, distinguendosi fin da giovanissimo come coraggioso e abile scalatore, già dal 1948, quando cominciò a scalare le Prealpi lombarde. 
Bonatti all'epoca lavorava alla Falck come operaio siderurgico, e solo la domenica, quando era di riposo poteva intraprendere una attività non certo di tutto riposo quale quella dell'alpinismo. Il 1951 fu l'anno in cui Walter venne segnato da due eventi opposti fra loro: la scalata del Grand Capucin, e la morte della madre Agostina a soli 52 anni, stroncata a causa della forte emozione procuratale dalla vittoria del figlio. Poi l'eccezionale impresa del Cervino da lui scalato nella parte Nord che gli procurerà una medaglia d'oro dalla Presidenza della Repubblica. Tra il maggio e il luglio 1965, tra i 44 e i 45 anni discende in canoa per 2500 km i fiumi Yukan e Parapine attraversando il Klondike e lo Yukan. Nel 1966 eccolo scalare il Kilimangiaro, al quale dedicherà quattro dei suoi 28 libri. 
È in quel periodo che Walter Bonatti, giunto "nel mezzo del cammin di nostra vita" decide di abbandonare il verticale: la montagna, per dedicarsi all'orizzontale: la pianura, percorrendo savane, deserti, foreste e precorrendo come esploratore altri suoi potenziali avversari. Collaborerà fino al 1979 con il settimanale "Epoca", definito il "Life" italiano per la bellezza delle sue fotografie, spesso scattate dallo stesso Bonatti anche usufruendo dell'autoscatto. Nel 1980 la allora celebre attrice Rossana Podestà, alla domanda su quale uomo avrebbe scelto per fuggire in un'isola deserta, rispose: "Walter Bonatti". Così il celebre scalatore-esploratore-fotoreporter decide di scriverle una lettera, alla quale Rossana risponderà. 
Erano reduci entrambi da matrimoni ormai esauritisi, per cui liberi di rifarsi una vita. Lei ha quattro anni meno di lui, essendo nata: a Tripoli, il 20 giugno 1934, e ha all'attivo l'ormai quasi totalità dei film girati: una sessantina a partire dal 1950, tra i quali "Le ragazze di San Frediano", "Ulisse", "Il merlo maschio", "Paolo il caldo" (quest'ultimo diretto dall'allora marito Marco Vicario e tratto dal capolavoro incompiuto di Vitaliano Brancati). Si danno appuntamento ai piedi della scalinata dell'Aracoeli, ma lui sbaglia recapito e si ferma all'Altare della Patria, litigando con un vigile che vuole appioppargli una multa. Quando, dopo due ore, la coppia si incontra, lei ironizza sullo scarso senso di orientamento del celebre esploratore, dicendogli: "Che razza di esploratore sei che non riesci a trovare una persona in una città come Roma?".
I due, pur con alti e bassi, vivranno insieme per trent'anni, dal due giugno 1981 al 13 settembre 2011, quando Bonatti morirà a 81 anni. Rossana scriverà un libro: "Walter Bonatti. Una vita libera", apparso nel 2012, mentre nel 2013 lo seguirà in quello che da sempre viene contraddistinto come il Viaggio per antonomasia. La Tv di Stato ha mandato in onda un docufilm dal titolo "Sul tetto del mondo", nel quale le scene recitate si alternano con le interviste a vari personaggi, tra i quali gli stessi Bonatti e Podestà, interpretati rispettivamente e rispettosamente dai bravi attori Alessio Boni e Nicole Grimaudo. La regia è di Stefano Vicario, uno dei due figli (l'altro è Francesco) nati dalla relazione tra la madre e il padre Marco. Risultava commovente vedere i due celebri personaggi vivere la loro esistenza attaccati l'uno all'altra, con amore e rispetto reciproci, ciascuno seguitando a svolgere la propria professione (la Podestà fino al 1985) che poi confluiva nella loro unione. Rossana era nel frattempo diventata nonna, mentre Walter non avendo avuto figli né dal primo né dal secondo matrimonio riversava il proprio affetto più che altro nella passione per la natura da lui rispettata anche quando ne scandagliava i segreti. Ci si potrà chiedere se è davvero necessario spendere tanto tempo della propria vita nonché talvolta la vita stessa per conquistare una vetta o una savana. La risposta è sì. L'essere umano è da sempre portato per l'esplorazione, ci è stato maestro Ulisse. 
Queste esplorazioni servono per mettersi in gioco e avere la possibilità di effettuare nuove scoperte, serviranno ad altri umani per percorrere le vie prestabilite affondando le scarpe nei solchi segnati da coloro che li hanno preceduti. Ed è stato così che passo dopo passo l'Uomo è approdato nel fondo dei mari, nell'azzurro dei cieli e sul pianeta lunare, che farà da campo base per l'ascesa sul pianeta rosso e su altri pianeti di vario colore, portando la razza umana alla conquista dello spazio. Perché lo spazio, sulla Terra, è da tempo che comincia a scarseggiare.

Antonio Mecca

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