TORNIAMO A PARLARE L'ITALIANO
- 18 gennaio 2020 Cultura

L'Italia è l'unico Paese del mondo occidentale, fra quelli che vantano una ultra millenaria civiltà, che riesca a influenzare ancora, a livello mondiale, la cultura contemporanea.
I
campi nei quali si irradia la nostra sfera di influenza sono
molteplici: letteratura, arti figurative, eleganza e stile, (pensiamo
all'automobilismo, alla sartoria e alla moda, alla gioielleria,
all'architettura) scienze naturali e mediche, tradizioni, cinema, musica
leggera, enogastronomia, know how tecnologico.
Non
trascuriamo il retaggio storico in campo monumentale, letterario,
filosofico, musicale, artistico e le bellezze naturali e paesaggistiche.
Dalla
lista del patrimonio mondiale di 125 Paesi elaborata dall’UNESCO
risulta che l’Italia è il Paese che detiene, a pari merito con la Cina,
il maggiore patrimonio culturale del mondo, in termini di monumenti,
musei, chiese, monasteri, palazzi e castelli, ma anche di beni
paesistici e paesaggistici. Seguono Spagna, Francia, Germania.
In
conclusione. La cultura italiana affonda le sue radici in un passato
ultra bimillenario ed è ancora vitale e determinante nel processo di
formazione della cultura contemporanea. E studiando il passato,
riusciamo a comprendere e affrontare il futuro.
Eravamo all'apice della presenza storica duemila e più anni fa e lo siamo tuttora.
Quella
italiana peraltro è la base della civiltà cristiana nel mondo
occidentale. Per converso, la Chiesa ha sempre fortemente aiutato
l'italianità a conservare la sua identità al vertice storico mondiale.
Il
più potente "collante" e "alveo" culturale che ha permesso questo
prodigioso risultato è stata la lingua, che ha mantenuto una linea di
continuità, pur nella evoluzione delle diverse epoche, ed è stata un
determinante fattore di identità. Essa è quindi un prezioso patrimonio
da salvaguardare dalla minaccia di contaminazioni che possano provocarne
il declino.
Oggi,
per la prima volta nella nostra storia, gli italiani, per parlare anche
tra loro, usano l'inglese: si comincia con gli anglicismi e gli
americanismi dell'aziendalese e si finisce con il cercar di parlare
nella lingua di Shakespeare, Faulkner ed Hemingway e non più in quella
di Dante, Petrarca e Manzoni, evoluzione, sintesi e sublimazione delle
diverse lingue popolari in cui si sono sempre espresse le comunità
locali.
Questo
è il vero segnale di una possibile rottura con il passato e una
minaccia alla continuità e alla rilevanza della nostra cultura.
Quanto
all'Unione Europea essa ci offre, non un'area culturale comune nella
quale possa trovare espressione significativa anche la nostra cultura,
ma solo un mercato comune di ordine economico. E questo aspetto, se non
corretto, può essere solo il preludio di un appiattimento culturale
molto negativo.
Achille Colombo Clerici