TRASFERTA ITALIANA 16
- 26 dicembre 2021 Cultura

Frank e io invece tenevamo d'occhio la
strada e il tachimetro dell'auto. Giungemmo a Milano, e – sempre con il metodo
della velocità sostenuta – riuscimmo ad approdare in piazzale Loreto e da lì in
piazza Udine.
Fu solo allora che l’amico al volante staccò quasi del tutto il
piede dall’acceleratore per poi – seguendo le mie indicazioni – svoltare sulla
destra verso le basse costruzioni in una delle quali aveva alloggiato Vania.
Individuammo la macchina della polizia, un'Alfa grigia uscita
dalle officine Alfa Romeo alcuni anni prima e rientrata poi in diverse officine
in diverse altre occasioni, come si poteva arguire per via dell'aspetto poco
fiammante. Accostammo, e dal finestrino del passeggero sporse la mezza figura
di un uomo in borghese.
- Nulla? – chiese Alfonsi.
- Nulla, commissario – confermò l’uomo. – Siamo qui da circa
un’ora, e non si è vista nessuna donna entrare o uscire dall’abitazione
segnalata corrispondente alla foto da lei inviataci.
- Va bene – disse lui. – Continuate la sorveglianza, noi ci
rechiamo a mangiare qualcosa e ci togliamo alla vista dei curiosi.
Quindi lasciammo quel luogo e ci dirigemmo più in là,
parcheggiando nei pressi di un bar ristoro con tavolini all'aperto, non lontano
dall'ingresso del parco Lambro dove tempo prima avevo svolto una indagine
riguardante una cliente residente nella vicina Milano Due. Sedemmo a un
tavolino e ordinammo panini, birra e caffè. Avevamo ingurgitato il primo panino
per metà e bevuto qualche sorso di birra, quando il telefono di Alfonsi
squillò.
- Commissario! La ragazza è arrivata adesso. È appena entrata
nella palazzina.
- Arriviamo! – assicurò il commissario.
Ci alzammo di scatto, Anselmi depositò sul tavolo una banconota
e in tutta fretta tornammo alla pantera.
- Presto! – intimò all’autista. – Ma senza sgommate né tantomeno
sirena.
L'agente obbedì, e di lì a poco arrivati nei pressi dell'imbocco
della stradina dove le palazzine sorgevano, il commissario fece fermare l’auto.
- Tu resta qui – disse all'autista. – Noi andiamo – seguitò
rivolto a Frank e a me.
Giunti negli immediati pressi della casa ci avvicinammo all’auto
civetta, a bordo della quale si trovavano gli stessi agenti.
– È arrivata a bordo di una Tipo marrone, guidata da un
uomo che se ne è andato.
- Adesso lasciamo passare qualche minuto; se non farà ritorno di
qui a poco saliremo in casa.
- Credo che farà ritorno – disse Frank che aveva compreso le
parole pronunciate in italiano.
- Lo credo anch’io – dissi.
E infatti di lì a una ventina di minuti eccola fare ritorno.
Recava con sé una valigia, con la quale si diresse in direzione dello sbocco
della stradina.
- Ferma! – intimò il commissario.
La donna si voltò verso di lui, lasciò cadere a terra la valigia
e prese a correre poi in direzione opposta.
Il poliziotto estrasse la pistola ed esplose un colpo in aria.
La ragazza si fermò, come un punto esclamativo piazzato ad arte. Corremmo verso
di lei, e lei guardò verso di noi soffermando la sua attenzione su Frank, quasi
avesse visto un fantasma. Ma in quel momento Hans fece capolino da un angolo
della palazzina, la sua grossa automatica scura che si fondeva con lo scuro
della notte.
- Vania! A terra! – gridò.
La ragazza ubbidì, mentre noi quattro estraevamo a nostra volta
le pistole. Anselmi venne colpito dalla pistola puntatagli contro, mentre Frank
ed io colpimmo Hans, che si afflosciò a terra.
Antonio Mecca