Massimo Dagnino, Propagazioni di buio (libro d’artista) , 72pp, Edb Milano 2016, € 25

Uno dei temi che ritorna nella ricerca di Massimo Dagnino, nel disegno come nella poesia, è quello della adolescenza.

Questa non esaurisce i propri limiti, le proprie conseguenze in un decorso diacronico; multiforme si insinua,  e riemerge in qualità di interferenza: nei gesti, nella percezione e nell’elaborazione della realtà: un elemento vagante, e, quasi, insolubile. 
L’adolescenza, così declinata, è la struttura portante dell’ultimo libro d’artista ‘Propagazioni di Buio’, pubblicato per l’editore milanese Edb (2016). Disegni e tavole fotografiche entrano in una carica continua, resa possibile dalla contiguità della disposizione, e del segno: lavorando come registratori, tracce fossili del fluire di «ciò che intercorre»; la successione (complessiva) delle tavole non è, però, lineare, procede per discontinuità: pagine bianche, o campiture di colore (come il rosso cupo nella parte centrale del libro) sembrano suggerire un’interruzione, un fallire di qualche proposito. Infatti l’adolescenza è il tempo della vita in cui si creano «carte mentali»: luoghi fittizi, narrazioni che qualche volta «corrispondono a quelle topografiche», molte altre «sono distorte (ma sempre utilizzabili)/ e alcune, infine, non hanno riscontro con la realtà.”»; popolate da passioni o oggetti o anche paesaggi (campi da calcio, chitarre o paesaggi paradossali, al limite del fiabesco, con gallerie sovrastate da un enorme corvo) a cui è affidato il compito di forzare lo stallo emotivo: salvacondotti che però, per loro stessa natura, falliscono. Le interruzioni bianche si profilano, quindi, come arresto, e ricostituzione di un’altra via; a indicare questo processo, che rimanda solo a se stesso, un muro di visi, sempre lo stesso: un ragazzo incappucciato si guarda immerso nel buio; un muro che si tramuta, poche pagine dopo, in un gorgo che genera o espelle, probabilmente entrambi, un teschio ornamentale , il quale incombe sopra una colonia. 
Il motivo del paesaggio è preminente nell’opera, memoria precisa delle deformazioni a cui il reale viene sottoposto: l’occhio in piena percezione cinematica, non lavora solo all’accostamento, e alla reciproca generazione degli oggetti, ma lavora anche per sovrapposizione: il nero, l’ombra che si disperde nella pagina non è un tratto secco, come a delimitare gli spazi, ma è frutto di una «macerazione signica»: il ripassare della matita ispessisce le ombre senza delimitarle, lasciando la propagazione, l’irrorarsi verso una sorta di Weissnichtwo (Nonsodove, per dirla con Carlyle).
La condizione che pervade soggetto e mondo circostante viene assunta, anche, da un altro motivo ricorrente nei disegni del Dagnino: quello animale. Animali ritratti da soli, ma con connotazioni umane, di volto umano quasi a renderli ‘simboli’; ma prima ancora di diventarlo alcuni, come il riccio, subiscono un processo di univerbazione: una sovrapposizione in cui le situazioni, dell’elemento umano e delle caratteristiche naturali dell’animale, si mischiano mostrandosi. Allora, il volto di ragazzo non può che essere una «pallottola di aculei»: ciò che respinge e allo stesso tempo punge il mondo. Un mondo, questo, ridotto a un  «fondale di colline sotto-/esposte». Restano, però, delle «ferite di luce», ipotesi di rottura: una soluzione, che può anche non essere definitiva, ma comunque in grado di diluire la paralisi; in una delle ultime tavole appare, infatti, un gufo, in univerbazione ulteriore,  che osserva ( o forse custodisce) un’uscita di gallerie. 
Davide Cortese

L'INGLESE CANTANDO

Milano in Giallo

di Albertina Fancetti, Franco Mercoli, Alighiero Nonnis, Mario Pace
EDB Edizioni

Com'è bella Milano

di Albertina Fancetti
EDB Edizioni

L'Osteria degli Orchi

di Albertina Fancetti
EDB Edizioni