Indro Montanelli

Quello che da sempre e giustamente viene considerato il più grande giornalista italiano nasce a Fucecchio, paese a poche decine di chilometri da Firenze, il 22 aprile 1909.

Il padre, Sestillio Montanelli, preside di liceo, lo chiama Indro facendone derivare il nome da quello di Indra, divinità induista, che in quel nome adespota (cioè senza padrone) vede un augurio per il futuro del proprio figliolo. E in effetti Indro fu sempre uno spirito libero persino negli anni del fascismo imperante, quando corrispondente nel 1936 durante la guerra di Spagna, per avere scritto: "È stata una lunga passeggiata militare con un solo nemico: il caldo" venne radiato dall'albo dei giornalisti e gli venne ritirata la tessera del Partito, la quale anche in seguito mai chiese indietro. Del resto lui che un giorno dirà: "Io mi considero un condannato al giornalismo, perché non avrei saputo fare altro" per tutta la sua lunga vita: 92 anni, scrisse pressoché quotidianamente e non solo su quotidiani, ma anche su settimanali, bisettimanali, mensili nonché per case editrici che gli pubblicheranno, via via, decine di libri: di storia e non solo. Indro Montanelli iniziò a pubblicare i suoi primi articoli su "La Frusta" di Rieti, paese laziale dove il padre era andato a dirigere il locale liceo e dove anche il figlio Indro, frequentandolo, ottenne la maturità. Cinque anni dopo, a Firenze, si laureò in giurisprudenza con 110 e lode e un anno prima della durata normale dei corsi, corsi che poi: di specializzazione, ebbe nelle università di Grenoble, della Sorbona nonché a Cambridge. In più, nel 1932, sempre a Firenze, ottenne una seconda laurea in scienze politiche e sociali. Dopo il giornale "La Frusta", che evidentemente ebbe il merito di incitarlo come un giovane puledro di razza nel correre sulle piste del giornalismo, proseguì scrivendo per la rivista di Piero Bargellini "Frontespizio" e per "Il Popolo d'Italia". Se la prima era diretta da quello che diventerà uno dei più importanti storici d'arte d'Italia, il secondo fu invece diretto, e fondato, da colui che diventerà soltanto Lui e cioè il più importante dittatore nonché dettatore di leggi e imposizioni dell'Italia dagli anni Venti agli anni Quaranta: Benito Mussolini, fondatore e capo del PNF. Nel 1937 Montanelli conosce Longanesi, un quasi coetaneo nonché un pari grado nel campo della scrittura del quale diverrà amico e collaboratore e al quale può già all'epoca offrire un curriculum di tutto rispetto. Infatti nel 1934 aveva svolto l'attività di giornalista  di cronaca nera a Parigi per il famoso Paris-Soir, poi era stato corrispondente in Norvegia e in Canada per la United Press dove, a New York, ebbe modo di intervistare il magnate dell'auto Henry Ford. L'anno successivo aveva lasciato la famosa agenzia per potersi arruolare col grado di sottotenente a capo di un battaglione di Ascari (cioè di soldati mercenari eritrei dell'Africa Orientale italiana) quando il fascismo ebbe invaso l'Etiopia. Qui vi era rimasto da ottobre a dicembre, mese in cui venne ferito e dovette giocoforza smettere di attuare la forza per tornare al gioco della scrittura. Infatti nel 1936 uscirà il suo libro "XX° Battaglione eritreo". Sempre in quell'anno fu in Spagna in qualità di corrispondente per "Il Messaggero", "L'Illustrazione Italiana", "Omnibus", quest'ultimo fondato appunto da Longanesi. Longanesi, di cui Montanelli dirà: "Mai visto un rabdomante di talenti come lui". Nel 1938 Indro approda al "Corriere della Sera", ma con l'obbligo di non scrivere di politica limitandosi alla stesura - per evitare la cesura della censura - di articoli di viaggi e letteratura. Fu quindi in Polonia, Finlandia e ancora Norvegia. Nel 1942 sposa l'austriaca Margarethe Colins de Tersienne, con la quale starà insieme fino al 1951 condividendo le gioie del matrimonio e le pene del carcere quando: il 5 febbraio del 1944 verranno entrambi arrestati perché il giornalista l'anno prima si era unito al movimento Giustizia e Libertà. Passarono tre mesi nel carcere di Gallarate, dopodiché vennero trasferiti in quello milanese di San Vittore. Qui, la vigilia del giorno della sua prevista fucilazione, grazie a un funzionario dell'OVRA: Luca Ostèria il quale scrisse un falso ordine di trasferimento, lui e un altro prigioniero vennero prelevati e portati ma non deportati in un nascondiglio e, dopo dieci giorni, condotti a Luino da dove Montanelli poté raggiungere Lugano a piedi, restando in Svizzera fino al termine del conflitto bellico. Quando scoccò il 25 aprile, fece ritorno in Italia dove venne reintegrato sia al "Corriere della Sera" sia nell'Albo dei giornalisti. Ritrovò l'amico Leo Longanesi con il quale a partire dall'anno successivo, alla costituzione della neonata casa editrice Longanesi &C. collaborerà attivamente pubblicando libri suoi e di altri, nonché riscrivendo le memorie del cameriere personale di Mussolini, Quinto Navarra. Aiuterà l'amico Leo a fondare il settimanale "Il Borghese", in cui a partire dal 1954 inizierà la sua collaborazione in pianta stabile: una pianta che darà - come di consueto - i suoi buoni frutti e di cui sarà una delle tre colonne insieme a Longanesi e a Giovanni Ansaldo. In quello stesso periodo, su sollecitazione dell'altrettanto grande collega Dino Buzzati tornerà a collaborare con "La Domenica del Corriere" nella quale avrà una pagina tutta per sé: la famosa "Stanza", quasi a voler richiamare quella altrettanto famosa "Una stanza tutta per sé " della famosissima Virginia Woolf e - in seguito - con la "Storia di Roma" prima, e la "Storia dei Greci" poi, apparse a puntate prima e in volume poi, verrà dato l'avvio alla collana storica con volumi a volte scritti da solo, a volte con altri illustri collaboratori. Nel 1959 sarà anche il primo giornalista laico a intervistare un papa: Giovanni XXIII. Nei primi anni Settanta abbandonerà il Corriere per divergenze con la proprietà, decidendo di fondare un proprio giornale. Questo avverrà il 25 giugno 1974 con "Il Giornale Nuovo", finanziato da una cordata di industriali che però, vedendo ancora lontana la vetta, parte di essi abbandonerà l'avventura: tre anni dopo, subentrerà Silvio Berlusconi. In quello stesso anno: il 2 giugno 1977, Montanelli subirà un attentato dalle Brigate Rosse in cui sarà ferito alle gambe. Quando l'11 gennaio del 1994 darà le dimissioni dal Giornale fonderà di lì a poco un nuovo quotidiano: "La Voce", che vivrà lo spazio di un solo anno. Farà allora ritorno al suo Corriere sul quale scriverà ancora molti articoli e soprattutto curerà una rubrica di posta dei lettori nella quale curerà soprattutto se stesso mediante il balsamo della scrittura. Morirà il 22 luglio 2001 nella clinica milanese "La Madonnina". Anche se chi lo leggeva non sempre ne condivideva le idee - perché si può, anzi si deve non essere sempre d'accordo su un'idea esposta - spesso ne condivideva lo stile. Cosa questa di cui Indro Montanelli era abbondantemente dotato, per fortuna sua e nostra di lettori che nel leggerlo proviamo sempre, anche a distanza di anni, un grande piacere e una più che motivata riconoscenza.
Antonio Mecca

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