L'ALLARME DEI RIANIMATORI

Legata al sovraccarico delle terapie intensive

È allarme nei reparti di terapia intensiva degli ospedali del Nord Italia, messi a dura prova in queste ultime settimane dall’ epidemia di coronavirus.
Crescono i pazienti da ricoverare, mentre sono pochi sia i posti letto sia gli anestesisti e rianimatori in servizio. E si inizia a dover fare delle scelte non facili.

“Si decide per età, e per condizioni di salute. Come in tutte le situazioni di guerra", ha spiegato al Corriere della Sera Christian Salaroli, 48 anni, anestesista rianimatore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

“Non lo dico io, ma i manuali sui quali abbiamo studiato - ha aggiunto. - Purtroppo c’è sproporzione tra le risorse ospedaliere, i posti letto in terapia intensiva, e gli ammalati critici”, quindi tra i pazienti più gravi bisogna scegliere quali continuare con le cure, “non tutti vengono intubati”.

Secondo un documento ad uso interno della Società italiana anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (SIAARTI), ripreso dal Messaggero, in caso di necessità e condizioni eccezionali occorre “puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la maggior speranza di vita”.

SIAARTI spiega che “può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in Terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”.

Nelle raccomandazioni inoltre si consiglia di verificare se il paziente ha fatto il cosiddetto testamento biologico, magari indicando la volontà di non voler essere intubato.

“Per consuetudine - spiega Salaroli al Corriere - si valutano con molta attenzione i pazienti con gravi patologie cardiorespiratorie e le persone con problemi gravi alle coronarie, perché hanno poche probabilità di sopravvivere alla fase critica”.
Una discrezionalità che si sta ora applicando su larga scala.

Una situazione che pesa sui medici: “Alcuni ne escono stritolati. Capita al primario, e al ragazzino appena arrivato che si trova di prima mattina a dover decidere della sorte di un essere umano”.

Infine l’invito a stare a casa, la cosa più importante: “State a casa. Non mi stanco di ripeterlo. Vedo troppa gente per strada. La miglior risposta a questo virus è non andare in giro. Voi non immaginate cosa succede qui dentro. State a casa”, ha detto Salaroli.

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