1940 - "Il grande dittatore"

Altri tristi, e tragici, tempi

In questi tristi tempi nei quali ancora non sappiamo dove andranno a parare le varie previsioni sulla guerra in corso, la visione di un film distribuito nelle sale americane nel lontano 1940 - altri tristi, e tragici, tempi - può indurre a pensare nonché a divertirsi. Il film in questione è "Il grande dittatore", scritto da Charlie Chaplin due anni prima e già dalla fine del 1939 iniziato a girare. Questo film è il primo completamente sonoro del grande cineasta inglese naturalizzato americano e anche l'ultimo dove il suo eroe: il vagabondo Charlie, meglio conosciuto da noi come Charlot, appare. All'epoca Chaplin aveva cinquant'anni, ma l'energia fisica che da sempre lo aveva contraddistinto ancora non lo aveva abbandonato. Il film dura due ore, nelle quali si racconta di un soldato che durante la prima guerra mondiale è addetto a sparare missili esplosi dalla bocca di un enorme cannone a lunga gittata denominato la "Grande Berta". Durante il conflitto l'uomo salva la vita a un ufficiale tedesco, e questi anni dopo salverà la vita a lui. Il barbiere è un perfetto sosia del dittatore della Tomania (che poi sarebbe la Germania): Adenoid Hynkel, che il grande attore e regista nonché sceneggiatore e musicista interpreta da par suo, vale a dire senza che nessun collega sia pari suo. Al personaggio ricalcato sul - cattivo - modello di Hitler dà una forza propulsiva che percorre l'intera vicenda, anche quando si avvicenda con quella del barbiere ebreo, portatore di una poesia tipica del regista e attore fin dalle sue prime comiche risalenti al 1914. Molte del resto sono le gag presenti in questa ultima apparizione del suo alter ego. L'autore hollywoodiano fu restio ad abbandonare il muto, decidendosi a farlo solo vent'anni dopo che il sonoro aveva fatta la sua prima apparizione. Il questo suo film, campione di incassi in America, in Italia approderà soltanto nel 1946, a guerra finita: male per quasi tutti. 
L'attore spadroneggia da par suo donando grazia e divertimento ma anche la malinconia che spesso ammantava le sue storie. La quale nel suo stupendo finale, nel commovente monologo che dura un quarto d'ora, quando il barbiere ebreo scambiato per il dittatore Hynkel ha modo di parlare al microfono alla folla lì radunata e a quella ancora più ampia raggiunta dagli altoparlanti della radio in una prova attoriale davvero mirabile, ecco che in quei minuti è praticamente impossibile trattenere le lacrime. Idem per quanto riguarda la recitazione di Paulette Goddard, all'epoca trentenne e compagna da alcuni anni di Chaplin, la quale aveva due anni prima quasi soffiato il ruolo di Rossella O'Hara a Vivien Leigh, alla quale del resto assomigliava non poco. Come del resto anche Chaplin somigliava a Hitler, nato nello stesso anno:1889, stesso mese: aprile, stessa settimana: la terza del mese.
Chaplin furoreggia dalla prima all'ultima inquadratura, distinguendosi ma non estinguendosi come invece avveniva e avviene a non pochi altri suoi colleghi attori. Di lì a dieci anni Charlie Chaplin non avrebbe più potuto fare ritorno in America, per questioni legate al fisco e anche ai suoi pruriti sessuali collegati con giovanissime ragazze. Vi farà ritorno vent'anni dopo per la consegna dell'Oscar alla carriera per poi: pochi anni dopo morire il giorno di Natale del 1977, quasi a concludere la favola vivente che la sua vita era stata e che mai nessun altro riuscirà di replicare.
Antonio Mecca

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