ACCADDE IL 6 OTTOBRE

6 ottobre 1943 – La città di Lanciano, unica in Abruzzo e nell'Italia centrale, si ribella alla truppe tedesche: è la rivolta dei Martiri ottobrini



Nei giorni 5 e 6 ottobre 1943 la città di Lanciano insorse contro i tedeschi: nello scontro trovarono la morte 47 tedeschi, tra ufficiali e militari di truppa, e 23 lancianesi, 11 in combattimento e 12 per rappresaglia. La rivolta di Lanciano rappresentò l'evento finale dell'organizzazione resistenziale lancianese che riuniva varie componenti: gli ex prigionieri di guerra jugoslavi (che fuggirono con un'operazione gestita dall'OSS prima della rivolta), la componente comunista rappresentata da Mario Bellisario, gli ufficiali del regio esercito e gli esponenti degli altri movimenti politici, in cui figurava Trentino La Barba, giovane combattente rientrato con la fuga dalla Germania a Lanciano.

Lo scontro ebbe inizio la sera del 5, quando alcuni partigiani, sequestrate delle armi presso la caserma militare di Santa Chiara, all'ingresso del corso Roma, sbarrarono la strada di circonvallazione in contrada Pozzo Bagnaro, sotto via dei Bastioni, ferendo alcuni tedeschi ed incendiando i loro veicoli, non veicoli militari da combattimento, ma ambulanze della Croce Rossa tedesca, scortate da veicoli leggeri scarsamente armati.

Durante la notte i tedeschi catturarono il principale autore di questa impresa, il partigiano Trentino La Barba, che fu sottoposto ad interrogatorio e torturato. Ma a nulla valsero le torture: il giovane, con straordinario coraggio, decise di non parlare e non rivelò il nome dei capi del movimento insurrezionale lancianese che aveva organizzato l'azione antitedesca e del quale egli stesso faceva parte. La mattina seguente i tedeschi portarono il giovane in viale Cappuccini e lo legarono ad un albero, per mostrare a tutti i suoi concittadini le torture a cui il partigiano veniva sottoposto: Trentino La Barba venne accecato e poi ucciso a colpi di pistola, infine impiccato presso l'albero.

Intanto, la notte del 5, gli altri partigiani, consapevoli che l'azione antitedesca avrebbe indotto i nemici ad un'azione di rappresaglia, si radunarono, dopo essersi procurati armi presso le caserme della Milizia e dei Carabinieri e presso la Guardia di Finanza, e prepararono una nuova azione. Essa fu organizzata dal generale Mercadante e da Amerigo Di Menno Di Bucchianico, Avvento Montesano, dal dottor Carlo Shönheim e da altri giovani ufficiali lancianesi. Alle 8 ebbero inizio i primi scontri e i partigiani riuscirono a tenere le posizioni fino al pomeriggio, quando giunsero rinforzi ai tedeschi dal quartier generale di Villa Paolucci (contrada Marcianese), che si trovava a sud, alla fine del viale Cappuccini, che, quindi, riuscirono ad avere la meglio. Gli ultimi partigiani del cosiddetto gruppo dei "martiri", Nicolino Trozzi e Achille Cuonzo, trovarono la morte cercando di scappare per le campagne del viale Cappuccini. Seguì una spietata rappresaglia tedesca: i tedeschi incendiarono gran parte di corso Trento e Trieste, distruggendo i più forniti negozi ed anche molte case civili. Molti furono i lancianesi uccisi. Nei giorni seguenti il popolo lancianese scelse la strada dell'ostruzionismo e del sabotaggio: i giovani si sottrassero al lavoro obbligatorio, nella fortificazione delle postazioni della linea Gustav, e presero la via della montagna. Molti aderirono alla futura Brigata Maiella, che si formò nel gennaio del 1944 a Casoli.



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