ACCADDE L'11 APRILE

11 aprile 2006 Italia: viene arrestato, dopo 43 anni di latitanza, il boss mafioso Bernardo Provenzano



Bernardo Provenzano, detto Binnu 'u Tratturi (Bernardo il trattore), Zu Binnu (Zio Binnu) e Il ragioniere (Corleone, 31 gennaio 1933 – Milano, 13 luglio 2016), è stato un mafioso italiano, membro di Cosa nostra e considerato il capo dell'organizzazione a partire dal 1995 fino al suo arresto, avvenuto l'11 aprile 2006 in una masseria a Corleone. Era ricercato da quarantatré anni, dal 10 settembre 1963. In precedenza era già stato condannato in contumacia a tre ergastoli e aveva altri procedimenti penali in corso.

Le indagini che portarono all'arresto di Provenzano si incentrarono sull'intercettazione dei "pizzini", i biglietti con cui comunicava con la compagna e i figli, il nipote Carmelo Gariffo e con il resto del clan.
Dopo l'intercettazione di questi pizzini e alcuni pacchi contenenti la spesa e la biancheria, movimentati da alcuni staffettisti di fiducia del boss, i poliziotti della Squadra mobile di Palermo guidati da Giuseppe Gualtieri e gli agenti dello SCO riuscirono a identificare il luogo in cui si rifugiava. Individuato il casolare, gli agenti monitorarono il luogo per dieci giorni attraverso microspie e intercettazioni ambientali, per avere la certezza che all'interno vi fosse proprio Provenzano. L'11 aprile 2006 le forze dell'ordine decisero di eseguire il blitz e l'arresto, a cui Provenzano reagì senza opporre resistenza, limitandosi a chiedere che gli venisse fornito l'occorrente per le iniezioni che doveva effettuare in seguito all'operazione alla prostata. Il boss confermò la propria identità complimentandosi e stringendo la mano agli uomini della scorta e venne portato alla questura di Palermo.

Il questore di Palermo successivamente confermò che per giungere alla cattura le autorità non si erano avvalse né di pentiti né di confidenti. Il casolare (il proprietario del quale venne arrestato) in cui viveva il boss era arredato in maniera spartana, con il letto, un cucinino, il frigo e un bagno, oltre che una stufa e la macchina per scrivere con cui il boss compilava i pizzini.Dopo il blitz, venne portato alla questura di Palermo e poi al supercarcere di Terni, sottoposto al regime carcerario dell'art. 41-bis. Dopo un anno di carcere a Terni, a seguito di alcuni malumori degli agenti di Polizia Penitenziaria che si occupavano della sua detenzione, venne trasferito al carcere di Novara. Dal carcere di Novara tentò più volte di comunicare in codice con l'esterno. Il ministero della Giustizia decise allora di aggravare la durezza della condizione detentiva, applicandogli, in aggiunta al regime dell'art. 41-bis, il regime di "sorveglianza speciale" (14-bis) dell'ordinamento penitenziario, con ulteriori restrizioni, come l'isolamento in una cella in cui erano vietate televisione e radio portatile.

Morì all'ospedale San Paolo di Milano il 13 luglio 2016, all'età di 83 anni. Il questore di Palermo dispose che "per ragioni di ordine pubblico" venissero vietati i funerali (esequie in chiesa e corteo funebre) e qualsiasi altra cerimonia in forma pubblica, concedendo ai familiari di accompagnare la salma al cimitero di Corleone soltanto in forma privata. Compagna e figli optarono per farlo cremare a Milano, per poi traslare personalmente l'urna cineraria al cimitero di Corleone, dove il 18 luglio venne tumulata nella tomba di fami

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