ALBERTO SORDI E IL CINEMA ITALIANO

Vent'anni fa, il 24 febbraio 2003 Alberto Sordi, come si suole dire, ci lasciava. In realtà come attore Sordi ci aveva già lasciato da almeno dieci anni, e questo perché la grande vis comica che lo aveva caratterizzato per oltre trent'anni - nel teatro brillante prima, nel cinema comico-drammatico poi - si era inevitabilmente esaurita con l'esaurirsi della sua giovinezza prima e della sua maturità poi, cedendo il loro posto a una tristezza sempre più pesante che si sarebbe riversata anche nei suoi film, sempre più malinconici. Era stato il cinema italiano stesso a mutare registro, nel quale registro l'allievo prima e il maestro poi avrebbero brillato per la sua indiscussa bravura prima e per la sua assenza poi. D'altronde non si può pensare che il mondo, e con esso le cose, rimanga immutabile. Avviene sempre un cambiamento, anche se questo non sempre comporta migliorie. Lo stesso grande e sublime attore italiano, a volerlo giudicare dai personaggi che nell'ultimo periodo della sua esistenza avrebbe ambito interpretare lo sta a testimoniare. Fra questi, un Mussolini che intendeva incarnare nel suo privato, un Mussolini buono e di certo: almeno ai suoi occhi, non colpevole per la deriva nella quale l'Italia si era arenata. Tutt'altro personaggio che non quello di Kissinger, al quale Alberto - soprattutto con l'ausilio di occhialoni, parrucca e un filo di trucco - avrebbe voluto negli anni Settanta interpretare ma a causa del veto di zio Henry non gli fu possibile fare. E che dire poi della Cianciulli, la terribile saponificatrice, che le sue vittime dopo averle uccise le trasformava in sapone. Anche questa orribile donna non venne portata da lui sullo schermo. Prima ancora, nei folli anni '60, due altri film furono da Sordi non interpretati: "Il sorpasso" e "I mostri". Questi però fu lui a non volerli girare e vennero quindi rigirati ad altri suoi colleghi: Tognazzi e Gassman. Nel 1998 Pietro Garinei gli offrì il ruolo di Mastro Titta nel suo lavoro teatrale "Rugantino", accanto a Sabrina Ferilli e a Valerio Mastandrea, (da Garinei giudicato come l'autentico Rugantino) ma Sordi non se la sentì di rimettersi in scena e in gioco nell'ora in cui era solito cenare e al contempo guardare il Tg serale. Per cui rifiutò. Peccato: sarebbe stato bello poter concludere la carriera in teatro, da dove aveva iniziato. L'affetto che noi nutriamo per Alberto Sordi permane in noi con il ringraziamento per tutto quello che ha saputo offrirci in tanti film, tra i quali "Una vita difficile", "Tutti a casa", "La grande guerra", "Il vigile" rappresentano un biglietto più che presentabile della sua arte attoriale e ben ci rappresentano da decenni all'estero.

Antonio Mecca

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