ASSASSINIO A BORDO 3

La sala in cui ci trovavamo era uno spazio piuttosto ampio, occupato solo per un quarto da una quindicina di persone intente a consultare grandi raccoglitori di passati numeri del giornale. Che di lì a una decina di minuti, vale a dire verso mezzogiorno, potei a mia volta consultare. La signora di colore scuro arrivò tenendo in braccio quasi amorosamente un grosso volume rilegato con la copertina di pelle marrone, quasi fosse la sua stessa progenie appena tolta dalla nursery. 

La ringraziai e mi accinsi alla consultazione, partendo dal mese di aprile. Fu intorno alla metà del mese: precisamente il giorno 14, che trovai la notizia che mi interessava. Accanto alla fotografia di una lussuosa imbarcazione il cui nome: My Flower, era chiaramente visibile sulla fiancata superiore sinistra campeggiava il seguente titolo:

“Parte la crociera San Diego- Acapulco”.

Poi, più sotto, l’articolo a firma di un certo Jonas Barton.

“Oggi, alle nove, è salpata dal porto di San Diego la nave crociera My Flower, affittata dal magnate della carta stampata Hal Randolph, che ha fatto gli onori di casa a una vasta selezione di ospiti illustri, tra i quali il notissimo attore e regista Charles Spencer, nonché ai suoi colleghi William Carter, Johanna Langdon, Mary Jane Larrabee. E poi i giornalisti Lorella Pearson e Jimmy Algren. L'imbarcazione sarà di ritorno fra una settimana, dopo che avrà circumnavigato le coste del Messico. A tutti i viaggiatori la redazione del San Diego Tribune augura un sereno e ottimo viaggio".

Rilessi l'articolo, per poi stare a riflettere su quanto avevo appena letto. Dopodiché andai avanti nello sfogliare la raccolta del giornale fino a trovare la notizia che cercavo, risalente a due giorni dopo, il 16, dove veniva riportata la stessa foto inserita il 14 relativa al My Flower e al suo anticipato ritorno, con il seguente titolo: 
“Di ritorno il panfilo di Hal Randolph”.Nello stesso articolo, lo stesso giornalista che aveva firmato l’articolo precedente informava l’inclito pubblico di lettori sul fatto che una persona della quale si taceva il nome, sentendosi forse male a causa del cuore, aveva convinto l’anima buona di Randolph a fare rientro nel porto di San Diego per consentire all’indisposto ospite di essere curato adeguatamente. Quindi, nei numeri successivi, per quanto riguardava il My Flower ed i suoi ospiti, si teneva la bocca sigillata. Okay, pensai. Avevo appreso quello che c'era da sapere, per cui non mi restava che mettermi all’opera. 
L'orologio elettrico sulla parete segnava mezzogiorno e mezzo, la sala si era andata progressivamente riempiendo per la pausa pranzo di giovani studenti ed io che studente più non ero né tantomeno giovane, sebbene non ancora vecchio, mi alzai, raccolsi il volume contenente gli arretrati del giornale e lo portai fino al banco, dove dopo avere ringraziato l'impiegata di colore con calore tolsi il disturbo.
Il Los Angeles Examiner era ubicato nei pressi della Grand Central Station, in un edificio di cinque piani sviluppato soprattutto in larghezza e del colore della calce appena spalmata. Il bianco virginale da foglio prima di venire inserito nel rullo della macchina per scrivere per poi venire sporcato dall'inchiostro degli stampini e soprattutto da quello delle notizie e dei commenti lì riportati dagli imbrattacarte di professione infarciti di cronaca nera, rosa, resoconti politici, notizie relative allo spettacolo prodotto dalla vicina fabbrica dei sogni. All'ingresso mi qualificai per quello che sono: un detective privato della non lontana Hollywood, mostrando il documento di identificazione.
- Vorrei poter incontrare Lorella Pearson – spiegai rivolto alla bella impiegata bionda, pulita e ben truccata il cui nome riportato sulla targhetta di plastica della divisa blu all’altezza del cuore la classificava come Alexandra Jordan.

- Per quale motivo? – si informò.

- Per dissertare su una serie di punti di sospensione piazzati a sproposito – le spiegai sorridendo e strizzandole un occhio. Capì che non intendevo rivelarle il perché della mia visita, perciò si decise a sollevare la cornetta del telefono e a comporre sul disco un numero di quattro cifre. Di lì a poco qualcuno che si rivelò per essere qualcuna rispose.

- Lorella, c’è qui da me un detective privato di nome… Lew Miller – la mise al corrente, - il quale vorrebbe

  parlare con te.

La ragazza ascoltò la breve domanda che la giornalista dovette porle.

- Lui afferma trattarsi di una serie di punti di sospensione mal piazzati – disse a lei e sorrise a me. – Sì – aggiunse poi, dopo avere ascoltato la risposta. E così dicendo mi porse il ricevitore. – Vuole parlare con lei 

- mi spiegò la ragazza. Presi il ricevitore ancora caldo della dolce manina che l’aveva impugnato e lo posai sull'orecchio destro.

- Miss Pearson? Lew Miller. E’ troppo chiederle di poterla incontrare per qualche minuto?

- Dipende – rispose lei con voce secca. – Cosa può volere da me un detective privato? 

- Sarò lieto di rivelarglielo non appena ci saremo incontrati – assicurai. Ma non la rassicurai, visto che il tono della sua voce non si distese.

- Giuro che non la capisco, mister…

- Miller – completai. – Come la birra.

- Non bevo birra – disse lei.

- Non l’amo molto neppure io

Antonio Mecca

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