Come muoiono i quartieri di Milano

In apertura la vecchia Drogheria Gaboardi in Piazza Tricolore nel 1951

Milano è ed è stata, non sempre con vanto, la città più mutevole d'Italia.

Tra distruzioni da parte di invasori, piani regolatori alla come viene, viene, speculazioni edilizie (che hanno ridefinito il termine sciacallaggio), e una secolare ma ancora attualissima tradizione che vede il passato come un peso di cui sbarazzarsi per poter accedere al futuro, questa città è sempre stata vittima di uno schizofrenico desiderio di rinnovamento. Vittima di se stessa più volte di quanto non lo sia stata di altri.

Per farvi intendere meglio eccovi due esempi lampo. 

La Porta Nuova Medievale (1170 d. C.), nota oggi da tutti come Archi di Via Manzoni, rischiò di essere demolita per circa cent'anni dal nostro stesso Consiglio Comunale a favore di altri progetti. Paradossalmente furono i bombardamenti del 1943 a porla definitivamente in salvo; distrutti gli edifici adiacenti non vi furono più scuse per il suo restauro.

Il nostro stimatissimo ex, ex, ex, ex…sindaco Giulio Bellinzaghi (più mandati di chiunque nella storia di Milano, 1868-1892, corredati da valanghe di meriti e onorificenze), tentò di far demolire il Castello Sforzesco perché uno dei maggiori azionisti della società interessata a costruirci sopra.

Solo lo sforzo congiunto di alcuni nostri illustri concittadini riuscì a salvare questi due pilastri del nostro passato.

Nel frattempo, Milano si estendeva oltre le Mura Spagnole con il Piano Beruto, apprestandosi a diventare un polo industriale di riferimento per l'Italia. Dove una volta c'erano cascine e campagne, le fabbriche sorgevano a ritmo vertiginoso. Ma man mano che la città si ingrandiva, le varie manifatture si spostavano sempre più all'esterno, e nuovi rioni, costellati da negozietti e osterie, ne prendevano il posto perpetuando una storia millenaria fatta di dignitoso lavoro, intraprendenza lombarda e tradizione meneghina. Una tradizione che rendeva subito riconoscibile un quartiere e che avvicinava la gente l'un l’altra, spazzando via le differenze sociali. Fino a non troppo tempo fa potevi trovare allo stesso tavolo di una trattoria l’avvocato e il fruttivendolo, il medico e il ciabattino, l’ingegnere e il lattaio che, magari un po’ sbronzi, se la contavano su fino all'alba. Una magia tutta Milanese.

Ma in questa smania di cambiamento siamo arrivati ad oggi e per la prima volta nella nostra millenaria storia le piccole attività commerciali stanno venendo meno. Milano è fagocitata ed anzi, aspira ad essere araldo di un'economia globale, dove la produzione, la produzione vera (quella che ci ha fornito lustro per secoli), non esiste più. Finanza, servizi, consulenze, comunicazione etc. hanno rimpiazzato il tangibile e la conseguenza più diretta è sotto gli occhi di tutti. I quartieri muoiono man mano che i piccoli negozi e i vecchi ristoranti spariscono. Stanno chiudendo uno dopo l'altro portandosi via il lavoro di una vita e lo spirito dei nostri rioni. In realtà si portano via anche le storiche associazioni commercianti perché ai marchi internazionali interessano profitto e immagine, non certo Milano o le sue tradizioni.

Anche qui da noi, proprio accanto alla vecchia Porta Tosa, è in corso già da anni un'epurazione di tutto ciò che di tradizionale avevamo da offrire; ristoranti di famiglia e deliziosi negozietti cadono come mosche. Le motivazioni sono quelle note a tutti: affitto raddoppiato o sfratto esecutivo. Nessuno ci guadagna e quindi nessuno è interessato a tutelarli: questo è quanto. Le istituzioni? Riassumiamo con un shakespeariano aforisma: il resto è silenzio.

Per sdrammatizzare, ogni volta che in zona chiude un'attività storica scatta il Toto Futile, ovvero si scommette su quale attività aprirà al suo posto. Le alternative sono sempre le stesse ma una di queste certamente sarà la vincitrice.

1: una nuova mangiatoia di tendenza che propinerà cibo improbabile a prezzi inverosimili, conditi da paroloni privi di significato da qualche esperto di comunicazione che abbindolerà una clientela ormai scevra da senso critico e palato.

2: uno show room i cui dipendenti, entrando in una gastronomia per pranzo, domandano un pollo arrosto senza pelle o pretendono i valori nutrizionali di ogni pietanza esposta…Vorrei tanto essermelo inventato ma purtroppo no.

3: un'agenzia immobiliare che vende loculi, ma di pregio, e loft praticamente allo stesso prezzo.

4: un centro estetico con manicure o un negozio di cover per cellulari, come riferito al Corriere della Sera dal simpaticissimo e insostituibile Alberto la Rocca, gestore dell’Antica Cartoleria del Novecento (124 anni di storia), costretta a chiudere per suddetti motivi.

5: un punto vendita di prodotti biologici, sostenibili, vegani, gender fluid, gay friendly, etero classic, cocker spaniel e così via.

L' ironia è il solo scudo per difendersi dall'abisso di questi tempi digitali plasmati sul superfluo. Ma, nel frattempo, gli storici residenti sono costretti ad andarsene perché un’ingannevole riqualificazione di quartiere prelude al trasloco forzato per aumenti degli immobili e non a un” desideriamo farvi vivere meglio”. I giovani sono sfiduciati e pensano già in quale città potrebbero trasferirsi dato che non si capisce quanto si debba guadagnare per poter vivere almeno decorosamente. E gli storici negozianti o ristoratori devono abbassare la serranda per l’ultima volta: parafrasando sempre il Sig. Alberto La Rocca, tante targhe di riconoscimento come bottega storica da parte delle istituzioni ma nessun aiuto nel concreto.

Vi lascio con ciò che riporta il sito di un ristorante di zona, IL GIARDINO DEI SEGRETI che ha dovuto chiudere lasciando orfani, e in una certa misura sgomenti, tutti i residenti.

DOPO PIÙ DI 25 ANNI, PER CAUSE CHE NON DIPENDONO DALLA NOSTRA VOLONTÀ, SIAMO COSTRETTI A SOSPENDERE LA NOSTRA ATTIVITÀ.

UN ATTIVITÀ CHE AMIAMO, COSI’ COME I NOSTRI AFFEZIONATI CLIENTI CHE NON ABBIAMO INTENZIONE DI ABBANDONARE.

PER CUI, UNA VOLTA TROVATA LA NUOVA LOCATION, TORNEREMO AD ACCOGLIERVI CON FELICITA’ E PASSIONE.

Lo speriamo davvero tutti ma non crucciatevi oltremodo. Quando i grandi investimenti avranno spolpato fino all'osso la nostra Milano abbandonandola agonizzante, saranno proprio le piccole e genuine attività come la vostra a ricostruirla; quartiere dopo quartiere.

Riccardo Rossetti

L'INGLESE CANTANDO

Milano in Giallo

di Albertina Fancetti, Franco Mercoli, Alighiero Nonnis, Mario Pace
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Com'è bella Milano

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