È ORA, FRATELLO 10 - di Yari Lepre Marrani

Continuammo a salire gradino dopo gradino, mentre quei due pregavano anche in latino; ecco che dalla porta metallica che sovrastava la grande scalinata udii un grande vociare, urla, schiamazzi, un fragore isterico che mi gelò il sangue nelle vene. Erano voci umane che gridavano, fuori dalla prigione. Era il fragore o il tumulto di una folla. Ecco gli ultimi gradini pensai dopo averli percorsi tutti, ecco la fine. Quei due frati scheletrici non si udivano, le loro parole erano vento, il loro incedere silenzioso, i loro passi felpati, le loro preghiere un mantra della mia agonia. Più volte nel corso della salita mi appoggiai ad un di loro e ne sentii il corpo scheletrico fatto di ossa cui erano rimasti pochi lembi di pelle. Mi portavano al patibolo e se quella scalinata fosse durata all’infinito, gradino dopo gradino, sarebbe stato meglio così perivo di fatica e dolore e sfinimento senza la sofferenza di dover patire il supplizio. Rallentai quasi per non raggiungere l’ultimo gradino ma quei due scheletri animati mi spronarono a salire senza mai fermarmi, con la loro soave determinazione. E raggiunsi l’ultimo scalino e fui di fronte alla porta ferrata che prima avevo sentito spalancarsi assieme all’espandersi di quella scia di luce sulla gradinata. La mia rassegnazione aveva toccato l’acme ma sentivo nelle ossa che il peggio prima della morte doveva ancora arrivare. E il frate ossuto, con energia, aprì quella grande porta cigolante e, tenendomi a braccetto, entrambi mi portarono fuori. Rividi così l’esterno, non la luce del sole ma un cielo livido prossimo, prima o poi, a dilaniarsi in un temporale. E sulla destra, dietro a degli steccati in legno appositamente costruiti a circa 100 metri da dov’ero io in quel momento, una folla feroce e inferocita che non aspettava altro che io uscissi fuori, di vedermi. “Maledetto! Maledetto assassino!!!” “Maiale, adesso creperai!!” “Fottuta carogna, sporco bastardo!” “Devi crepare, bastardo!!” “Ora ti spaccheranno le ossa!!Ridi, ridi canaglia che stai per frantumarti!!” “E’ arrivata l’ora eh?! Disgraziato!! Devi crepare!!” “Delinquente! Assassino! Delinquente! E’ arrivato il momento di pagare!” gridarono bestialmente le sparse voci di quella gente che,  dietro gli steccati, faceva una lunga fila che si estendeva alla mia destra e davanti a me come due serpenti velenosi e ferini. Era una folla di centinaia di persone chiuse in un loro recinto, folla che mi odiava a morte, questo lo capii appena, messi i piedi fuori dalla prigione, la mia persona si palesò al suo sguardo. “Assassino!! E’ arrivata la tua ora, adesso crepi bastardo!”: era l’ennesimo “bastardo” che udii. E non sapevo perché fossi lì e quale fosse la mia colpa e…perché dovevo morire. Ma sulla soglia della prigione, mentre i due frati si organizzavano per condurmi avanti, mi lasciai trascinare ancora e ancora da quell’oscura e magica parola, rassegnazione; persi tutti i miei pensieri e lasciai che quel fato inconosciuto, aberrante e oscuro che mi aveva fregato tra i suoi tentacoli facesse il suo corso. Così divenni l’oggetto del boia e smisi di essere un uomo della terra. Il frate alla mia destra, mentre quelle bestie mi gridavano addosso, efferate ed esaltate, mi ripetè: “È ora, dobbiamo pregare fratello” e l’altro mi prese per un braccio e tutti ci scostammo dalla soglia della prigione, “Andiamo, vieni, il Signore è con te. Preghiamo!”.

continua

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