I TRE VANZINA CARLO, ENRICO E IL PADRE STENO
- 20 ottobre 2019 Cultura

Ai posteri l'ardua sentenza
La
recente pubblicazione del libro "Mio fratello Carlo" di Enrico Vanzina sul fratello, notissimo regista di recente scomparso, è l'occasione per parlare
di entrambi. Per decenni hanno lavorato insieme alla stesura di
sceneggiature e alla realizzazione di film per il cinema, producendo
decine di film a partire dalla metà degli anni '70, quando ancora il
padre Stefano in arte Steno era in vita e lavorava a pieno ritmo,
contribuendo a lanciare nuovi comici come Abatantuono e Jerry Calà dopo
avere lavorato con i sempre verdi Totò, Peppino, Sordi, e altri. Fino a
non molto tempo fa i Vanzina venivano considerati poco meno che
spazzatura nella quale, per caso, riluceva anche qualche pietra
preziosa; una coppia di scalcinati autori sfornanti filmetti d'occasione
da due soldi e mezzo, augurando loro di progredire artisticamente
mentre regredivano fisicamente, fino a raggiungere la cifra tonda di tre
soldi in maniera che: rimettendosi all'opera, fosse questa un'opera da
tre soldi e quindi finalmente un lavoro di tutto rispetto. In realtà -
sebbene alcuni di questi film sarebbero e avrebbero potuto venire
realizzati meglio - il duo Carlo ed Enrico scriveva e filmava storie
aderenti alla vita contemporanea, vita che con i guanti andava
maneggiata pena il restare insozzati o ustionati. Nei loro film la
risata è comunque assicurata, ma qualche volta: soprattutto da parte
dello spettatore attempato, una certa insofferenza traspare perché
legata alla nostalgia dei film del passato, magari anche quelli del
padre Steno, che dapprima in coppia con Monicelli e poi da solo,
contribuì a lasciare il segno nel mondo della celluloide nostrana.
In
realtà, alla domanda che spesso viene fatta: "Perché non si fanno più
film come quelli di una volta?" la risposta è semplice: non li si fanno
più perché il mondo non è più quello di una volta; è cambiato perché
cambiati siamo noi, ed è quindi impossibile realizzarli. Finiti sono il
neorealismo classico, quello rosa, la commedia all'italiana, che ancora
esiste, persiste e resiste sebbene adeguatamente adattatasi alla realtà
contemporanea. D'altronde se il cinema è lo specchio dei tempi, e se i
tempi sono bui, non ci si può poi lamentare se riflette il nulla. Certo,
una volta davanti alla macchina da presa c'erano attori del calibro di
Totò, Peppino, Sordi, Fabrizi, Gassman, Tognazzi, Manfredi. E attrici
come Anna Magnani, Sofia Loren, Monica Vitti. Gli sceneggiatori erano
Age e Scarpelli, Rodolfo Sonego, Ettore Margadonna, i registi Monicelli,
Comencini, Scola, Risi.
E Steno, naturalmente, che in quarant'anni
realizzò oltre settanta film oltre a decine di sceneggiature,
concludendo la sua prestigiosa carriera sul set della serie televisiva
"Big Man", con Bud Spencer, realizzata nel 1988, e congedandosi
dall'esistenza all'età di 71 anni. Steno era stato anche un
ottimo scrittore e vignettista, e lo testimonia il bel libro "Sotto le
stelle del '44", confezionato per Sellerio dai due figli che vi
raccolsero una parte notevole della notevole produzione
giornalistico-umoristica del padre: articoli soprattutto, che fanno
concorrenza a quelli del grande Flaiano.
Enrico Vanzina, nato nella
capitale nel 1949, il 26 marzo, è stato ed è oltre che sceneggiatore dal suo osordio nel 1976 con il film "Oh, Serafina!", anche giornalista e
romanziere dotato di fine umorismo. Il che lo accomuna ai suoi illustri
predecessori del passato, un ironico-malinconico che può far pensare ai
grandi Brancati e Flaiano, e che aforismi ben riusciti, raccolti in
parte nel suo libro autobiografico "Una famiglia italiana" degnamente
testimoniano. Ad esempio: "Molti uomini cercano di affogare i loro guai
nell'alcol. Ma i guai sanno nuotare"; "A Napoli hanno inventato la pizza
e gli spaghetti al pomodoro. Poi, per non stravincere, anche la
camorra"; "La politica consiste nel convincere qualcuno a votare per te
sulla base di un programma. Spesso televisivo"; "Il cinema italiano
assomiglia agli italiani: promette molto, mantiene poco".
Ci vogliono
anni prima che si riesca a comprendere appieno le cose che prima si
erano comprese solo in parte e con un giudizio, o pregiudizio, di parte.
È accaduto col grande Totò prima, con i Vanzina poi. Quando ci capita
di rivedere i loro film del passato che magari già allora facevano
rimpiangere il tempo precedente e compiangere il presente che li aveva
realizzati, proviamo per loro una cocente nostalgia che magari prima ci
aveva lasciati freddi e che ora il trascorrere del tempo ha maturato
nella giusta prospettiva che poi è anche la giusta distanza necessaria a
cancellare l'ingiusto giudizio frettolosamente sentenziato.
Antonio Mecca
Foto: i fratelli Vanzina, Enrico a sinistra e Carlo a destra