IL GIALLO DELLE 16:00

IL MANTELLO DEI LADRI
capitolo tre

La famiglia di Lynn abitava in un quartiere periferico della città vecchia, che in America e specialmente a Los Angeles non è sinonimo di antico bensì di decadente e decaduto. Il numero 78 ospitava una vecchia casa decadente risalente a forse trent’anni prima, quando a guerra appena conclusa l’edilizia aveva ripreso a rifiorire e a innalzare edifici non sempre edificanti per come erano stati concepiti e realizzati. Forse negli anni Quaranta quelle case erano state anche dignitose; ora però il tempo trascorso, l’incuria continua e la povertà perenne di chi le abitava le avevano rese simili a vecchie persone malate che minacciavano di crollare in ginocchio per poi finire supine e quindi finire. Scarsi lampioni con piccole lampadine funzionanti riversavano una scarsa luce sulle stradine sottostanti, dove qualche vecchia auto era parcheggiata. Almeno un paio erano ricoperte di ruggine. Una la cui carrozzeria riportava come una sorta di acne rossastra; l’altra butterata orribilmente. Entrambe erano datate 1949.
Erano quasi le dieci, e da dietro la finestra di quello che doveva essere il soggiorno - obbligato per i suoi inquilini - provenivano la luce tremolante di un televisore acceso e un suono di voci indistinte. Il campanello non funzionava, come potei constatare appena premutolo. Chiusi la mano a pugno e bussai alla porta più volte. Il televisore tacque, una voce dal tono incerto e l’accento inglese incerto gracidò con voce di uccello di palude: - Chi è?
- Mi chiamo Miller - risposi. - Lew Miller. Sono un detective privato. Cerco Lynn.
La voce non rispose, ma il suo detentore arrivò fino alla parte opposta della porta, qui giunto si fermò per poi - dopo un’esitazione che alla fine superò - aprire la porta di legno dalla vernice gialla scrostata. Mi trovai così di fronte a un ometto che poteva avere sessant’anni come ottanta, la pelle raggrinzita al pari di un antico papiro dissepolto e arrotolato - soprattutto il collo faceva pensare a questo - e occhi simili a fessure di salvadanai arrugginite perché da troppo tempo non più a contatto con tintinnanti monete. Era magro, di bassa statura, vestito male e calzato peggio.
Il suo sguardo era triste, come tutta la sua malconcia figura. Sembrava a proprio agio in quella casa come un canarino in una gabbia di gatti. Gli mostrai la tessera di investigatore privato.
- Dove posso trovare Lynn? - gli chiesi.
Non fece in tempo a rispondere, ammesso che ne avesse l’intenzione, perché una donna gli si affiancò. Era simile a lui in tutto e per tutto tranne per il fatto che indossava una gonna al posto dei pantaloni e portava i capelli lunghi e sciolti sulle spalle strette e rinsecchite. Il nero intenso della capigliatura a contatto con le spalle olivastre, pareva una cascata di olive scuresu una spremitura già avvenuta.
- Lynn? Cercate Lynn? - chiese con voce più forte di quella del marito ma non meno meschina perché sempre in sottotono con gli interlocutori imperialisti.
- Sì. Dove si trova?
- Non sappiamo. Lei sparita senza dire nulla.
- Posso entrare?
Pur esitando, me lo consentirono. Feci il mio ingresso trionfale in una stanza che di trionfale non aveva proprio nulla. Si trattava del soggiorno, arredato con mobili che avevano conosciuto tempi migliori e inquilini di volta in volta sempre più male in arnese. Un divano, tre poltrone, un tavolo rettangolare e sei sedie di legno malconcio. Una credenza esponeva piatti e bicchieri che mi parvero i primi scheggiati e i secondi non troppo puliti; se mai ripuliti del loro contenuto, dato che il padre di Lynn mi pareva avere lo sguardo di chi alza il gomito spesso e volentieri. Sedemmo, loro due su sedie, io a un’estremità del divano, che sotto il mio peso sprofondò come sabbie mobili in una palude, emettendo dalla molla slargatasi un suono che sarebbe stato adatto per il campanello della porta di ingresso. I due anziani coniugi mi fissarono con sguardo smarrito. Smarrito come la loro povera figlia scomparsa.
- Da quanto tempo siete di America? - mi informai.
Mi raccontarono, alternandosi a vicenda, di essersi trasferiti in California da sei anni, provenienti dal golfo del Tonchino. L’uomo era stato pescatore ad Hainan, presso la foce del fiume Mekong, ma anche qui: quando c’era bisogno di imbarcarsi su qualche peschereccio solcante l’Oceano, accettava più che volentieri. La moglie invece era stata contadina, mentre adesso lavorava - quando lavorava - nelle cucine di un ristorante non lontano da lì.
La figlia ventiquattrenne aveva trovato sei anni prima un lavoro da cameriera nel ristorante vietnamita “Fiore di Loto”. Lei si era integrata meglio dei genitori, perché era giovane e inoltre già conosceva abbastanza bene la lingua inglese ancora prima di fuggire dal Vietnam approdando in California su invito di alcuni parenti da tempo qui stabilitisi.
- Conosceva abbastanza bene anche un uomo chiamato Pete, Pete Anderson? - chiesi.
I due assunsero un’espressione quasi colpevole, come se il fatto che la loro figliola frequentasse un uomo bianco, per di più americano, fosse una cosa disdicevole. Se per lei o per lui, ancora non lo avevo capito.
- Sì - confermò infine la donna. - Lynn lo frequentava da un paio di anni.
- Sapeva che lui era sposato?
- Sapeva - ripeté abbassando la voce. - Ma gli voleva bene lo stesso.
- Da quanto tempo manca da casa?
- Tre giorni.
- Non vi ha detto dove andava?
Fu l’uomo questa volta a rispondere.
- No, anche perché non ha portato via nulla con sé.
- Nessun bagaglio? Una valigia, una borsa, uno zaino…
- No - rispose la donna, mentre l’uomo si limitò a scuotere il capo negativamente. - I suoi vestiti sono ancora tutti qui.
- Quando l’avete vista l’ultima volta?
- Sabato sera - disse lei. - È uscita di casa subito dopo cena, intorno alle sette, diretta al ristorante dove lavorava. Sarebbe dovuta rientrare nella notte.
- In quali giorni le capitava di vedere Anderson?
- Un paio di volte la settimana. Il lunedì quando il ristorante è chiuso. E la notte di sabato, finito il suo turno di lavoro. Faceva rientro verso l’alba, accompagnata da quell’uomo.
- Gli avete parlato? Cosa vi ha detto?
- Che intendeva sposare Lynn perché le voleva bene. Con la moglie avrebbe divorziato, e Lynn sarebbe stata la sua nuova sposa. Noi non eravamo d’accordo, non tanto per la differenza di età, ma perché ci sembrava un uomo pericoloso.
- Cosa vi ha dato questa impressione?
- Il suo modo di fare - disse il marito. - E poi portava una pistola, infilata in una fondina sotto la giacca. Diceva che era solo per legittima difesa, ma a noi sembrava che ad essere pericoloso fosse lui, più che gli altri.
- Lynn ne era innamorata, avete detto? Vi è sembrata fosse costretta a frequentarlo?
- No, questo no.
- Vi siete rivolti alla polizia?
- Non ancora.
Chiesi loro se avessero una fotografia della figlia. Con riluttanza l’uomo si alzò, dirigendosi verso la credenza dalla quale prese una cornice argentata. La foto a colori incorniciata mostrava una ragazza orientale molto graziosa che sembrava anche più giovane della sua già giovane età e un uomo più vecchio che sembrava ancora più vecchio della propria età effettiva. L’argento della cornice era massiccio e di sicuro molto costoso.
- È un regalo di Pete, questa cornice?
- Sì - confermò la donna rassegnata, come se al potere dei soldi non fosse possibile se non sottomettersi.
- Avrei bisogno di questa foto - dissi. - Ve la riporterò in seguito.
Se ci sarà un seguito, pensai. Poi senza tanti complimenti aprii il retro della cornice e ne sfilai la fotografia.
- Lynn non via ha confidato dove era solita recarsi insieme a lui?
- Non ha voluto entrare nei dettagli - rispose la donna.
- Va bene - dissi. - Tornerò prossimamente, per restituirvi la foto. Buonanotte e scusate il disturbo.
Uscii nella notte ancora calda, diretto alla mia auto non ancora raffreddatasi. Quando fui giunto a casa, trovai la segreteria telefonica il cui tasto rosso lampeggiava, segno che qualcuno aveva chiamato. Era la mia cliente, la quale desiderava che andassi a trovarla a casa sua il mattino successivo, perché pareva avesse scoperto qualche indizio riguardante la scomparsa del marito.

Antonio Mecca

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