IL GIOCOLIERE DELLA LETTERATURA 36

- È la prima volta che vengo ad Amsterdam - rivelò Mignon. - Certo, è carina, come città. Tu ci eri già

  stato?

- Sì. Cinque anni fa.

- Per dare un saluto alle ragazze in vetrina? - chiese Mignon sorridendo con malizia.

- No. Per dare un saluto alle ragazze Anne e Margot Frank barricate in casa per due anni - rispose Georgel.

- Già, che questa è la città dove è stato scritto il diario di Anne Frank. Ritengo che tu l’abbia letto…

- Sì, ritieni bene. Tranne la pancia quando sei in piedi.

Come sempre quando aveva modo di pensare alle due ragazze Frank prigioniere, prima auto reclusesi per due anni, imprigionate per un anno poi nei campi di concentramento e qui morte di stenti a un mese dalla liberazione. Georgel si intristiva. Perché l’orrore causato da esseri umani nei confronti di altri esseri umani era inimmaginabile.

- Adesso faremo così, Mignon - disse il commissario. - Ci divideremo il lavoro andando tu a sinistra, e io a destra. Dobbiamo entrare in ogni struttura alberghiera: hotel, pensione, ostello che via via incroceremo, e chiedere se hanno ospitato o ancora ospitano quei due farabutti di Joseph e Mariel. Per la quale, a questo riguardo, possiamo disporre di un suo ritratto passabile.

Così concludendo il commissario si accomiatò dall’ispettore ed entrò nell’hotel Diana, un albergo a tre stelle meno bello esteticamente del Bellevue, ma pur sempre con un suo decoro. Alla reception si trovava una ragazza. Bionda, occhi azzurri come quelli dell’impiegato del Bellevue sebbene questa fosse tutt’altra cosa, un seno florido quanto il sole della Florida, e una dentatura bianca come il latte appena munto.

Bonjour, mademoiselle - salutò galante il francese. - Avete mai visto questa ragazza?

Le mostrò il ritratto prima, e la tessera della polizia poi. La ragazza sembrò stupirsi, sebbene lo stupore fosse lei a suscitarlo perché: bella come era, gli uomini quasi non si capacitavano di ammirare cotanta bellezza. Con il suo viso di bambina prestato alla bambola vivente che altro non era, la ragazza scosse il grazioso capo e i capelli, dicendo poi: - No.

- Avete per caso fra gli ospiti due giovani francesi il cui nome è quello di Joseph Allegret e Marie?

- Non mi sembra - rispose lei, - ma ora controllo.

E dopo avere controllato sul computer confermò:

- No. Nessuno dei due è qui ospitato.

Era giunto il momento di andarsene, e Georgel così fece.

- Grazie lo stesso, mademoiselle - galanteggiò. - Alla prochaine.    

La ragazza comprese solo una parte del madrigale, ma quella parte - seppure piccola - la gradì. Per cui gli sorrise, e l’uomo si accomiatò con rassegnata tristezza. Questa l’idea del poliziotto: i due francesi dovevano essersi recati in un albergo non lontano dalla stazione ferroviaria, a meno che uno dei due non conoscesse una persona dalla quale essere ospitati, con i loro centomila franchi. Conveniva perciò battere tutti gli alberghi e alberghetti che la strada principale e quelle laterali proponevano chiedendo a ciascuno degli albergatori loro notizie. Georgel decise che arrivato all’estremità dello stradone senza nulla avere ottenuto sarebbe tornato indietro imboccando le vie laterali, e se anche qui il risultato fosse risultato il medesimo ecco allora costeggiare il canale e proseguire sul lato sinistro.

Era appena uscito dal quinto albergo senza avere ottenuto un bel nulla quando il suo telefonino prese a squillare. Era Mignon, che con voce concitata gli comunicò la buona novella.

- Ho trovato, commissario! Sono stati qui l’altro ieri e stamattina hanno saldato il conto e lasciato l’hotel.

- Dove sei, che ti raggiungo?

- All’hotel Elettra, via Gardenia, numero 24. Ti aspetto.

Georgel si diresse a quel recapito con passo veloce e cuore più leggero.

L’hotel era un edificio color panna e fragola, con sul groppone una buona cinquantina d’anni. Di fronte aveva un’altra cinquantina sebbene non altrettanto buona: quella dell’ispettore Mignon in carne e ossa. Lo stava aaspettando sulla soglia, con sul volto una espressione di trionfo.

- Allora - esordì Georgel, - sono stati qui due giorni?

- Proprio così! Mi sono segnato il nome della ragazza: Marie Chevalier.

- La quale è stata ben poco cavaliere nei confronti del povero Darc.

- Povero mica tanto: è ricco da far schifo.

A Georgel questo modo di giudicare stava sulle scatole.
- È una ricchezza che si è ampiamente meritata perché guadagnata con il proprio lavoro. Inoltre la sua generosità si è mostrata in varie opere filantropiche alle quali ha partecipato. Ma adesso andiamo in albergo: voglio parlare con l’albergatore.

- L’albergatrice; è una donna. Una donna anche molto bella, forse un po’ troppo formosa, mora di capelli, di carnagione e di occhi, alta, con un sorriso incantevole e incantatore che ammaliava.

- Madame - esordì Georgel dopo avere notato la fede matrimoniale al suo anulare destro, - commissario

  Georgel, polizia francese. Allora: avete ospitato nel vostro hotel due giovani francesi giunti qui l’altro ieri?

- Sì - confermò la donna.

- Che sono ripartiti questa mattina?

- Sì - ripeté l’albergatrice.

Georgel sorrise. Mentre loro erano in viaggio per Amsterdam, quei due farabutti dovevano essere nuovamente in viaggio per non si sa dove.

- Come sono andati via? - si informò. - Con un taxi?

- Non lo so. Hanno pagato, e sono usciti.

- Non vi è capitato di vedere da quale parte si dirigevano?

- Mi pare di là - disse la donna indicando con la mano la via che portava alla stazione.

- Verso che ora hanno lasciato l’albergo?

 - Alle otto.

- Mi potete mostrare la registrazione dei loro nomi, per favore?

La donna cliccò sulla tastiera del computer, che di lì a poco diede la seguente schermata:

Joseph Allegret, rue des Piramides 48, Lyon.

Marie Chevalier, rue Printemps 72, Lyon.


Antonio Mecca

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