IL GIOCOLIERE DELLA LETTERATURA 6

Segue da ieri alla stessa ora

In un suo libro di venticinque anni prima aveva scritto che, sposandosi, avrebbe commesso un formidabile tradi

mento, avrebbe tradito quel qualcosa di miracoloso che ancora sussisteva in lui e che era un residuo di giovinezza. Ecco perché il commissario non si era mai sposato, mentre lui lo aveva fatto per ben due volte. La prima, a 21 anni; la seconda, quasi a cinquanta e con una ragazza di 21 anni in meno.

La cifra 21 era ritornata anche per la seconda volta, così come un’altra figlia era tornata ad affacciarsi nella sua esistenza quando aveva oramai 49 anni. Ora che di anni ne aveva quasi trenta di più e che le membra andavano sempre più anchilosandosi, soltanto la mente con la sua fantasia era ancora ben salda e vivace, alimentata dalle continue emozioni che presente e passato gli proponevano, consentendogli di imbastire trame interessanti e vicende scoppiettanti di azione e di battute. Erano forse un po’ troppo cariche di sesso, come lo rimproverava bonariamente e con rassegnazione un suo amico monsignore, cosa che invece negli anni ’50: ai suoi inizi, il sesso era da lui soltanto sfiorato, accennato, descritto in modo divertente. E poi, soprattutto, erano quei suoi di allora romanzi non eccessivamente lunghi e per niente prolissi per quanto riguardava i dialoghi, composti di frasi del tipo: “Spinsi la porta ed entrai”.

Nel leggersi, o rileggersi, Frédéric viveva la sua passata esistenza di personaggio e di scrittore, ritrovando fra le righe il se stesso di allora, la moglie di allora, i due figli ancora bambini. E poi, a romanzo ultimato, i suoi viaggi in treno dai Mureaux a Parigi, dove approdava nella eccitante stazione di Saint-Lazare per dirigersi quindi alla Casa Editrice. Prima di riprendere il treno della sera era solito girare per la grande, immensa, bellissima città immergendosi non solo nei suoi luoghi più caratteristici ma anche in stradine e quartieri tutt’altro che belli ma che potevano servirgli da scenario per le sue storie successive. Talvolta si fermava una notte o due, per meglio immergersi nell’atmosfera della Ville Lumiere. E già da quei momenti iniziava ad architettare nuove trame, che poi proseguiva nel rifinirle nello scompartimento del treno diretto ai Mureaux. Era ancora giovane, allora, per cui le sue storie risultavano vivaci e risaltavano proprio per questo motivo.

Un leitmotiv che si ripeteva di romanzo in romanzo, di anno in anno, con il suo personaggio principale e tutti gli altri. Nel rileggerli si andava reimmergendo in un’atmosfera che trasmetteva sicurezza perché a parte la trama non era per niente complicata, due più due facevano quattro, il pensiero era lineare, la storia si snodava senza incorrere in nodi gordiani e consimili tendenti a cercare di dimostrare assunti vari che servivano soltanto a complicare l’esistenza. Ma è che: come scriveva Chandler in una lettera, “invecchiando diventiamo complicati”, e anche gli autori di polizieschi lo diventano e quindi non basta più “spingere la porta ed entrare”, ma occorre psicologizzare il tutto, nel tentativo vano quanto inutile di cogliere il perché e il per come dell’esistenza. Perché la vita è complicata ma anche tremendamente farsesca. La vita è una commedia che solo in pochi riescono a comprendere. Ma la caratteristica della razza umana è quella di complicare le cose semplici per poi tentare di sbrogliare la matassa finendo per restarne avviluppati. Eppure quanto sarebbe più riposante autoconvincersi che una volta morti non c’è più nulla, e quindi chi se ne frega dell’eternità quando si ha la fortuna di potere spegnere l’interruttore e non essere più dentro la sarabanda, non essere più semplicemente. E addio gioie, sì; ma, anche, affanni, dispiaceri, timori.

Seduto sopra la propria tomba, dove di lì a non molto vi avrebbe soggiornato sdraiato, Frédéric si andava immergendo sempre più nella lettura, avvolto e coinvolto dalla giornata mitigata da una leggera brezza. Leggeva le sue pagine di allora gustandole come e più di allora, divertendosi alle proprie battute e commuovendosi per le descrizioni poetiche che l’allora giovane scrittore sapeva immettere nei vari paragrafi.

Allora scriveva già da una quindicina di anni, tre lustri che avevano saputo dare lustro alla propria prosa, e ogni romanzo era una nuova avventura che affrontava e confrontava con i precedenti. Ma a quel tempo non vi dava granché peso, mentre ora aveva compreso lo sbaglio commesso, dato che ora si era reso conto che quella scrittura rappresentava – come aveva detto un collega – la sua vera lunghezza d’onda.

Mentre si accingeva a ultimare la lettura del capitolo, il cancello si aprì e qualcuno che poi era qualcuna fece il suo ingresso. Si trattava di una ragazza, la quale dopo un attimo di esitazione relativo al fatto di averlo visto, prese a dirigersi dove lui si trovava. Temporaneamente, in attesa non certo trepidante di stabilirvisi più sotto e definitivamente. A lui un po’ diede fastidio l’avvicinarsi della sconosciuta, perché quando si trovava intento alla lettura questa era ciò che più lo interessava. Mano a mano che si avvicinava, notò che la ragazza era bella e giovane. Quando fu a tiro di carezza si fermò, sorridendogli e salutandolo poi con deferenza, con voce dolce e intimidita.

- Buongiorno! Scusate se vi disturbo…

- Buongiorno. No, niente disturbo – mentì lui.

- Voi siete… parente dello scrittore?

Sul momento Frédéric non sembrò comprendere. Poi capì, e sorrise.

- Sì. Direi proprio di sì.

- Ma… - mormorò la fanciulla. - Voi mi sembrate… proprio lui in persona!

Sempre mantenendo il sorriso di prima, lo scrittore confermò.

- Più in spirito che in persona! Sono uscito dalla tomba per poter leggere alla luce del giorno e respirare un po’ di aria fresca. Puoi facilmente capire che lì sottoterra è umido e noioso. Da morire!

La ragazza lo fissò, perplessa. – Mi state prendendo in giro?

- Ti prenderei volentieri nel mio giro, ma non mi è possibile, purtroppo. Sono troppo vecchio per qualunque

giro, e dopo un po’ finisce che mi gira anche la testa.

La giovane fissò la tomba, priva di nomi e di date.

- Mi avevano detto che la tomba di Frédéric Darc si trovava qui, ma non che lo scrittore fosse ancora in vita.

- Solo temporaneamente – precisò lui. – Ma se hai la pazienza di aspettare: poco, del resto, la tua attesa sarà soddisfatta.

Poi si decise a spiegarle il tutto.


Antonio Mecca

 

 

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