Il Giornalismo "Dal Quotidiano al Libro"

Che Monica Maggioni sia una grande giornalista televisiva, nessuno può metterlo in dubbio. Che fosse anche una grande giornalista della carta stampata, chi ha avuto modo di leggere i suoi libri "Dentro la guerra", "La fine della verità", "Terrore mediatico" non può egualmente negarlo. Nel secondo e nel terzo libro di Monica, pubblicati rispettivamente nel 2006 e nel 2015, la giornalista milanese scrive di come il post 2001 ha mutato l'assetto del mondo. A causa prima di un terrorismo idiota quanto spietato, e poi di una controffensiva spietata quanto idiota da parte di una grande potenza che ha seminato non i semi della vita ma quelli della morte, il mondo non è stato più lo stesso di prima. Ingiusto, dominatore, privo di eguaglianza nei confronti di coloro che venivano sfruttati, ma pur sempre capace di contenere le ribellioni a volte giuste a volte ingiuste delle popolazioni mediorientali.
"Una serie di guerre sbagliate, iniziate per le ragioni sbagliate, continuate nel modo sbagliato e concluse nei tempi e nei modi sbagliati hanno creato odi e contrapposizioni al posto di legami e alleanze". Così scrive la giornalista nel suo libro "Terrore mediatico", che si apre con la strage al giornale satirico francese "Charlie Hebdo" del sette gennaio 2015 e si conclude il nove gennaio, quando gli attentatori islamici verranno uccisi dalla polizia. Monica Maggioni a quel tempo era direttore di Rai News, e ha passato ore e ore davanti alla telecamera del suo studio di Roma per informare con l'ausilio di ospiti in studio o in collegamento gli spettatori italiani. E il tutto con una competenza che nessuno si sogna di mettere in dubbio. Rimane impresso quello che lei scrive a proposito della cosiddetta zona grigia, vale a dire quella zona nella quale vivono milioni di musulmani stabilizzatisi in Occidente i quali hanno cercato di assumere le connotazioni dei Paesi che li ospitano, e che vivono pacificamente adeguandosi alla società, seppure così diversa da quella di origine. Nel bene come nel peggio. È la zona grigia che il terrorismo intende colpire, esattamente come ai tempi del terrorismo nostrano si intendeva colpire i riformisti come il giudice Alessandrini o i giornalisti come Tobagi; basta che un omicidio, un attentato, una strage siano di matrice straniera, e cioè estranea al proprio modo di vivere, che immediatamente l'ira si scateni contro i nuovi arrivati, anche se molti di loro sono nati e cresciuti sul suolo francese, italiano, inglese, tedesco, spagnolo. 

È anche vero che spesso questi poveracci, costretti a svolgere lavori di fatica scarsamente retribuiti, sono costretti anche a vivere in case che definire modeste è un eufemismo e in quartieri degradati. Mentre i genitori solitamente abbozzano e tirano avanti, i loro figli: ingiusti e spesso inquieti e inquietanti come praticamente tutti i giovanissimi sono, risultano facile preda di cattivi maestri che li portano a lasciare la via della legalità per deviare nelle facili scorciatoie tracciate dagli stradini del crimine. Così giovani promesse di un futuro migliore vengono stroncate dopo che a loro volta hanno stroncato le esistenze di gente che si stava guadagnando la vita - vedi Valeria Solesin, uccisa in quello stesso 2015.
Monica Maggioni, da solida giornalista è solita fare le pulci ai vari potenti della Terra, e così ricorda ciò che Richard Clarke, coordinatore nazionale per la sicurezza e l'antiterrorismo, racconta nel suo libro "Contro tutti i nemici", quando il 12 settembre 2001 George W. Bush chiese a lui e ad altri suoi colleghi di esaminare la posizione di Saddam per appurare se era collegato ad Al - Quaeda in qualche modo. E il 20 settembre, davanti alle camere riunite, lanciò la sua sfida al mondo.
"La nostra guerra al terrore inizia con Al.Quaeda ma non finisce lì. Non finirà fino a quando ogni gruppo terroristico su scala globale non sarà trovato, bloccato e sconfitto. Ogni nazione, in ogni regione, deve prendere la sua decisione; o siete con noi, o siete con i terroristi".
Sembra di ascoltare le parole recenti del suo dirimpettaio pronunciate vent'anni dopo, quando minaccia chi non è con lui di essere contro di lui. La lotta al terrorismo di casa nostra e di Cosa Nostra e contro quello internazionale è forse lo scotto che abbiamo dovuto pagare per avere evitato un nuovo conflitto mondiale, ma non è certo un qualcosa da prendere sottogamba. Quando si sente affermare "Scontro di civiltà" non può non venire un senso di irritazione. Perché tutt'al più bisognerebbe dire scontro tra modi di vivere diversi e idee contrastanti. Quando le idee possono affermarsi tali e non certo semplici spunti o spuntoni sopra i quali sfregarsi e sfregiarsi la carne.

Antonio Mecca

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