IL ROMANZO DELLE ORE 20

Il RIFUGIO di Albertina Fancetti - Trentaquattresima puntata

Gabriele si diresse verso la sua auto, parcheggiata vicino al discount. Tolse le chiavi dalla tasca del cappotto e stava inserendole nella serratura, quando si accorse di essere circondato da tre ombre che incombevano minacciose sulla sua persona.Li guardò con espressione interrogativa, fermandosi a osservarli. Erano tutti più bassi di lui e sembravano anche parecchio più giovani, tuttavia sui loro volti si leggeva una tale becera violenza che lo lasciarono sconcertato. Cercò di far scattare la serratura della vecchia Ford Fiesta, quando sentì una mano appoggiarsi pesantemente sulla sua spalla.
 - Aspetta un momento stronzo! Ti dobbiamo parlare - disse il più agguerrito, un ragazzo che aveva già notato più volte nei dintorni. Portava lunghi capelli neri e lo guardava con gli occhi verdi, spietati come quelli di un predatore. Gli altri due gli si avvicinarono, incoraggiati dall’atteggiamento del loro capo.
-Vogliamo che tu sparisca dalla circolazione e che lasci in pace Sonia. È una puttana che ce l’ha succhiato a tutti, quindi non fa per te, hai capito fighetto? - proseguì il ragazzo.
- Io non sto con Sonia, le sto insegnando l’inglese e intendo continuare a farlo. Non mi interessano i giochi che ha fatto con voi, non mi riguarda la sua vita sessuale - rispose Gabriele sforzandosi di mantenere un tono tranquillo. Il suo atteggiamento di superiorità li esasperava, non sarebbero stati in grado di sostenere una discussione con lui, pertanto gli si scagliarono contro tutti insieme, colpendolo con calci e pugni. Tentò disperatamente di difendersi, ma non era abituato alla violenza. Giuliano gli fece lo sgambetto e finì a terra. Un calcio al torace, sferrato con furia inaudita, lo lasciò senza fiato. Sentì le costole spezzarsi e un dolore intenso al polmone. Vide avvicinarsi il più giovane dei tre, quello dai lineamenti più fini, quasi effeminati. Brandiva una sbarra di ferro. Gabriele lesse nel suo sguardo tutto l’odio del mondo. Fu l’ultima cosa che vide prima che la pesante arma gli si abbattesse sul capo, facendolo sprofondare nell’incoscienza. Tutto era durato pochi minuti. I tre aggressori si dileguarono nel buio veloci come ratti. Gabriele rimase riverso sull’erba ghiacciata, mentre una pozza vermiglia si allargava sotto il suo viso. All’interno del Rifugio Dolly cominciò a guaire in modo doloroso. Emilio e Paolo si guardarono inquieti, non l’avevano mai sentita emettere un suono tanto sinistro. La cagnetta si avvicinò alla porta grattandola con le zampe, continuava a guaire, mentre li guardava con aria supplichevole, facendo capire loro che voleva uscire.
- Che ti prende Dolly? Fuori fa freddo non puoi uscire adesso - disse Emilio.
Invece Paolo, reso inquieto dal comportamento dell’animale, si buttò il giaccone sulle spalle e aprì la porta affacciandosi sui gradini. Dolly scappò fuori attraverso le sue gambe e si mise a correre verso il parcheggio. Paolo la seguì con Emilio alle calcagna, che chiamava invano la cagnetta.
Uno spettacolo terribile si presentò ai loro occhi. Gabriele stava steso a terra in una pozza di sangue e appariva ormai privo di vita. Paolo si riprese subito. Chiamò l’ambulanza con il cellulare e si chinò a sentire il polso del giovane.
- Presto c’è stata un’aggressione. La vittima presenta un grave trauma cranico con vasta ferita lacero-contusa e copiosa perdita ematica. Fratture delle costole con possibile pneumo-torace, fate presto vi prego, respira ancora.
- Corse poi a prendere una coperta e coprì Gabriele che continuava a restare privo di conoscenza. Emilio era visibilmente sotto shock e tremava come una foglia. Dolly leccava il volto del ragazzo e guaiva debolmente. La macchina della polizia arrivò insieme all’ambulanza.Paolo salì con Gabriele diretti all’ospedale, mentre i poliziotti si occupavano di accompagnare a casa Emilio.Gabriele riprese conoscenza dopo una settimana, il volto che riconobbe fu quello di suo padre. Negli occhi scuri di Adriano lesse per la prima volta una genuina espressione di angoscia e tutto l’affetto che gli era sempre mancato.
 - Hei campione, ce l’hai fatta!- Esclamò il padre, mentre lacrime di commozione gli scendevano dagli occhi e scorrevano sulla barba scura che non si rasava da giorni. Il ragazzo sorrise debolmente sforzandosi di parlare, ma dalle sue labbra uscì soltanto un incomprensibile mormorio.
- Non parlare… non devi sforzarti. Ci riuscirai con il tempo, adesso che ti sei svegliato andrà tutto bene.
Gabriele ripiombò nel sonno, ma il suo respiro appariva più regolare. Il giorno successivo riprese di nuovo conoscenza. Accanto a suo padre c’era Roberta, pallidissima, dall’aria molto provata. Lei non riuscì a dirgli nulla, ma gli accarezzò il viso con dolcezza, mentre lo guardava ansiosamente.
- Dove sono… cosa mi è successo? - riuscì a chiedere Gabriele.
- Sei stato aggredito da un branco di teppisti che sono già stati arrestati - rispose Adriano con voce dura.
- Non ricordo nulla! – esclamò il ragazzo allarmato.
- Non agitarti tesoro, è normale. Il medico la definisce amnesia retrograda. Hai subito un grave trauma cranico, hanno dovuto sottoporti a un intervento chirurgico per evacuare l’ematoma. Gabriele si portò le mani alla testa, movendo bruscamente il braccio dove erano inseriti gli aghi delle flebo. Si toccò le bende che gli fasciavano il cranio.
- I miei capelli! - esclamò con espressione sgomenta.
- Ti ricresceranno più belli di prima amore, stai tranquillo… non ti devi agitare - disse Roberta.
- E Axel? Dov’è, come sta?
- Sta benissimo, anche se è molto triste, sembra che abbia capito tutto. Ora se ne prende cura Ursula che ormai lo conosce bene. Starà con lei fino al tuo ritorno – lo tranquillizzò la ragazza.
- E voi siete sempre stati qui con me? - chiese Gabriele.
- Certo, ci siamo dati il turno per assisterti, pregando che ritornassi tra noi. Ora però vi lascio soli, vado a prendere un caffè, ma torno presto - disse Adriano stringendo la mano del figlio.
Rimasti soli, Roberta gli coprì il viso di baci lievissimi per timore di fargli male.
- Non preoccuparti, sei bellissimo anche con la testa fasciata - gli sussurrò con dolcezza.


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