John Updike, Terrorista
- 08 agosto 2017 Cultura
Libro in bilico tra letteratua e cronaca e tra romanzo e saggio. Testo coraggioso in cui emerge la banalità del male. L'uomo "normale” commette delle atrocità ed essendo banale viene sottovalutato. Agghiacciante come un diciottenne plagiato da un imam grottesco possa trasformarsi e diventare un brutale assassino di massa.
Non emerge un personaggio di cui innamorarsi, difficile prendere parte anche nei confronti del protagonista che pure in alcuni momenti suscita empatia, ma che non finisce di piacere. Tutta la vicenda ruota intorno a un diciottenne arabo-irlandese che vive in una tranquilla cittadina del New Jersey; studente brillante e giudizioso, il giovane si sente isolato, quasi respinto dai suoi coetanei e per reazione comincia a frequentare un imam che lo fa riavvicinare alla radici religiose paterne, ma in realtà lo guida verso il terrorismo islamista.. Sempre più disgustato dal comportamento disinvolto della madre, sempre più attratto dalla figura del padre che pure lo ha abbandonato, sempre più astioso nei confronti di un mondo occidentale così distante dal Corano. Emerge un'analisi critica tanto della società americana occidentale, quanto dell’assurdità del fanatismo islamico che nasconde ben altri interessi poco religiosi.