L'INTRAMONTABILE PRESENZA DEL MAXI TEX

È approdato in edicola il numero 29 del Maxi Tex "Mississippi Ring", scritto da Gianfranco Manfredi e illustrato da Massimo Rotundo. Si tratta di una lunga storia di 328 pagine nella quale Tex e il suo fedele amico Kit Carson, entrambi rangers, devono combattere un'associazione a delinquere che opera lungo il Mississippi. Essa ha degli addentellati con la passata guerra di secessione, combattuta per quattro anni, che vide contrapposti gli Stati del Nord a quelli del Sud. Questi ultimi persero una guerra che fin dall'inizio era cominciata male. Non c'è che dire: Tex Willer, nato nel lontano settembre 1948, è da 73 anni sempre in vetta alle vendite rispetto a tanti altri fumetti che seppur longevi non hanno però goduto del favore dei lettori e di di lì a non molto hanno dovuto chiudere i battenti.
Sebbene qualcuno osi affermare che le storie di
 Tex sono tutte uguali, tutte simili fra loro, però così non è stato. A testimoniarlo stanno le sceneggiature realizzate da un pool di scrittori di grande talento come il veterano e creatore Gianluigi Bonelli, il figlio Sergio in arte Guido Nolitta creatore di Zagor e di Mister No e continuatore della saga ideata dal padre, per poi approdare a Claudio Nizzi e a Mauro Boselli e sporadicamente a Gianfranco Manfredi. Manfredi è nato a Senigallia in provincia di Ancona il 26 novembre 1948, stesso anno di nascita di Tex e soci e 57 anni dopo eccolo esordire nella sceneggiatura del Maxi Tex "La pista degli agguati", per poi proseguire nel 2016 con "Sfida nel Montana" e "L'uomo della lista". 
Nel 2018 con "Deserto Mohave". Manfredi è come si usa dire una guest star nel mondo creativo di Tex, perché da sempre impegnato su molti altri fronti fra i quali - sempre nel mondo variegato dei fumetti - ben 130 numeri di "Magico vento", e in seguito anche con alcune sceneggiature di Dylan Dog. Ma non è solo questo a caratterizzare il suo curriculum poiché dopo essersi laureato alla Statale di Milano in Filosofia frequentò la redazione di "Re Nudo", una rivista alternativa di sinistra dalla quale il futuro scrittore trarrà ispirazione per la galleria dei suoi personaggi.
E così come in galleria in genere si vede a stento (soprattutto certi critici d'arte, che scambiano lucciole per lanterne certi obbrobri ) ecco che le fattezze di questi elementi uniti fra loro formarono dei radiatori o delle radio i cui effetti nefasti ancora si sentono nella società italiana. Nel 1972 pubblica il suo primo disco: "La crisi", e l'anno dopo inizia a lavorare per l'Istituto di Storia della Filosofia". Nel 1976 ecco il suo secondo album: "Ma non è una malattia" e l'anno dopo "Zombie di tutto il mondo unitevi". Dieci dischi, quattordici romanzi, due film come sceneggiatore e - siccome porta il nome di uno dei più grandi attori italiani - dieci film anche come attore.
 
Inoltre, Gianfranco Manfredi è traduttore dall'inglese, generalmente di James Hadley Chase, il grande scrittore di polizieschi di cui Manfredi ha tradotto il romanzo "Eva" e gran parte dei 14 racconti dell'unica raccolta di storie brevi scritte da Chase e pubblicate nel 1941, a soli due anni di distanza dal suo esordio narrativo con il celebre e celebrato "Niente orchidee 
per Miss Blandish".
Manfredi che era forse nato incendiario ma è poi diventato pompiere, come molti compagni del resto, ha saputo far sua l'area alla quale si era avvicinato e da semplice raggio percorrere e anche precorrere presente e futuro approdando nel classicismo più collaudato. Leggere perciò nuove avventure di un personaggio stagionato ma che l'apporto di nuova linfa vitale mantiene sempre giovane, è di certo un piacere. Un piacere che si rinnova a ogni lettura nonché alla visione dei disegni proposti da bravi illustratori, dei quali il primo e insuperato maestro Aurelio Galleppini in arte Galep è sempre il numero uno non soltanto perché iniziatore della saga, ma anche per il suo indiscutibile talento. E non come diceva di lui un mio amico, che "I suoi disegni avevano le facce tutte uguali". Erano simili, certo, perché ogni artista ha quello che si usa definire un proprio stile. Stile che molti dimostrano di non avere per niente.

Antonio Mecca

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