La coda del drago - 6

Il mattino successivo decisi di recarmi una seconda volta nella zona in cui viveva il mio cliente. 

Lui era assente, perché impegnato a lavorare nella proprietà di James Barlett, il celebre attore di Hollywood, così come mi fu riferito da un suo vicino di casa. Mi limitai così a girovagare nei dintorni, dove nei pressi di alcune pozzanghere di acqua sporca alcuni bambini erano intenti a giocare. Forse nella loro piccola testa, ricca di una grande fantasia, quelle pozzanghere rappresentavano per loro mari infiniti dove il pericolo stava acquattato sul fondo. I bambini erano cinque, due maschi e tre femmine, la loro età variava dai tre-quattro anni ai sette-otto. Mi videro arrivare, e mi osservarono con sospetto. Quelli più piccoli parlavano ancora messicano, quelli più grandi già inglese. Mi rivolsi a quest'ultimo gruppo, composto da maschi e femmine.

- Ciao, ragazzi – salutai sorridendo. – Come va? Nessuno di loro rispose. 

- Non voglio disturbarvi – assicurai. – Desidero soltanto farvi un paio di domande. La bambina mi fissò con attenzione tramite i suoi intensi occhi scuri. Non disse nulla. Aspettava evidentemente che mi spiegassi. Tentai di farlo.

- Angela Gutierrez era vostra amica, vero? Anche stavolta nessuno dei cinque rispose. Decisi di giocare con onestà. - Mi chiamo Lew – dissi; - sono un poliziotto privato. Mostrai loro la tessera plastificata con sopra riportate la mia foto e i miei dati. La bambina apprese che avevo 33 anni, e osservò: - L'età di Gesù Cristo!

- Già. Ma io ancora non sono finito sulla croce. Forse per mancanza di chiodi.

Lei capì, e sorrise. Poi chiese: - Cosa vuoi, poliziotto?

- Scoprire chi ha rapito e ucciso Angela. Voi eravate suoi amici, per cui penso che sarete desiderosi di aiutare la legge a catturare il suo assassino.

- Certo.

- Allora aiutatemi a farlo. Il giorno in cui la vostra amica è scomparsa, era stata qui con voi?

A rispondermi fu il ragazzino, mentre i più piccoli avevano ripreso a giocare, oramai nuovamente indifferenti al mondo esterno. 

- Angela è stata solo un po’ con noi, poi se ne è andata perché doveva recarsi alla bottega di Mamma Carmen per fare la spesa.

- E quando è tornata cosa ha fatto?

- Non è tornata – specificò la bambina. – Non tornerà più.

Mi fissò con espressione severa, come se per il solo fatto di essere un uomo non potessi sentirmi colpevole pure io. Ringraziai entrambi, dopodiché mi feci indicare il negozio di Mamma Carmen. Il bambino tese l'indice verso la mia destra, aggiungendo:

- È di là, dietro quelle case – indicando una fila di casupole diroccate. Porsi loro una moneta da un dollaro e me ne andai. Un cane spelacchiato, specchio probabile dei suoi malandati padroni mi seguì, con espressione mesta. Sulla soglia di qualche casa qualcuno se ne stava sotto la veranda, in genere vecchi o donne o bambini, tutti timorosi di mostrarsi in intimità con un gringo. Gli altri della comunità dovevano trovarsi al lavoro, chi ce lo aveva perlomeno, per ritrovarsi poi alla sera seduti davanti a un piatto di zuppa e a un bicchiere o due o anche tre di vino. Le bodegas presenti nella cosiddetta via erano tre: una di alimentari, una di vini e liquori, la terza di stoffe. Puntai su quella di alimentari denominata “Mamma Carmen”. Nella vetrina esponeva scatolame vario, frutta, verdura, spezie, tabacco. Varcata la soglia il buio mi avvolse al pari di una fresca coperta che arginasse il sudore donandomi una sensazione di gelo un bel po’ differente da quello che mi aveva colpito nel vedere lo squallore esterno.

Un donnone che sembrava muoversi su rotelle, tanto pareva scivolare sul pavimento di legno, la faccia truccata di una madonna azteca dai colori accesi, le braccia grosse come cosce e le cosce grosse quanto tronchi d'albero, scoprì la bocca verniciata col minio in un sorriso che le metteva in mostra una dentatura così robusta per mordere un cavo di acciaio e tirare a sé un battello carico di turisti.

- Buenas dias, senòra. Lei conosceva la piccola Angela GutierrezIl sorriso le si spense sulla bocca, come un neon sopra una vetrina.

- Chi è lei? Le mostrai la licenza, dandole il tempo di compitare le parole lì riportate.

- La polizia è già stata qui? Scosse il capo. – No – disse. Non c'era da stupirsi, e non mi stupii.

- Il giorno della sua morte, Angela è venuta nel suo negozio?

Scosse nuovamente il capo.

- No – disse ancora. – L'ho sentita però parlare all'esterno, ma non l’ho vista, perché ero impegnata nel servire due clienti.

Pensai a qualcos’altro da chiederle, ma non mi venne in mente nulla.

- Va bene, signora. Grazie.

Antonio Mecca

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