LA COMPAGNIA DELLA TEPPA - IL RATTO DEI NANI

Storia e vicende che portarono lo scompiglio nella Milano dell’Ottocento

Tra le orge e i baccanali che si tenevano di continuo a Villa Simonetta, per la compagnia della teppa, ormai più vicina ad Arancia Meccanica che ad Amici Miei, giunse la fatidica primavera del 1821.
A Milano, in quel periodo, si aggiravano molte persone affette da nanismo o deformi, (per approfondire, sempre su questo profilo: Un paradosso milanese: tanta acqua ma niente acquedotti sin quasi alle soglie del ‘900). Tra questi ve n’era uno di nome Nicola Gaiotti, soprannominato El Gasgiott (piccolo di merlo gazza. In senso figurato, babbeo), un uomo rissoso, lussurioso, con un’andatura barcollante che ricordava appunto un pulcino, e sempre pronto a tirar fuori il coltello. Per alcuni cronisti dell’epoca, possedeva un chiosco di fioraio e una bottega dove costruiva fiori artificiali, per altri, faceva il guardaportone di una nobile dimora: un'orripilante consuetudine del patriziato d’allora che esibiva di fronte alle proprie abitazioni poveretti affetti da deformità.
Pare, ma la prudenza è d’obbligo, che Gasgiott, padre di quattro figli e maritato con Maddalena Terzoli, avesse rivolto avances un po’ spinte a una domestica che soleva intrattenersi con un facchino civico; sfortunatamente costui era Il Milesi, uno dei membri più temuti della compagnia della teppa ma, temuto o meno, quest’ultimo le prese di santa ragione quando si scontrò con il Gaiotti.
La vendetta giunse inesorabile.
Per ordine del Baron Bontempo una spedizione punitiva rintracciò El Gasgiott, che venne randellato, legato, rapito e gettato nelle cantine di Villa Simonetta.
Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Come accennato nella prima parte, se in principio i membri della compagnia della teppa erano accomunati dall'odio verso gli austriaci, ora invece erano accecati da una sorta di delirio di onnipotenza e guidati da un distorto senso di giustizia e di rivalsa. Per spegnere i licenziosi desideri (da che pulpito!) di tutti i poveri diavoli come El Gasgiott che se ne andavano in giro per la città, il Baron Bontempo fece pestare e rapire altri dodici uomini affetti da nanismo.
Questo episodio passò alla storia come il ratto dei besios, l’avventura dei nani.
Con le cantine della villa piene di nani, uno penserebbe che il culmine fosse ormai stato raggiunto. E invece no, perché anche altri, o meglio, altre meritavano una punizione: le snob e aristocratiche donzelle meneghine che se la intendevano con gli austriaci più abbienti e altolocati.
Il Baron Bontempo aveva già pianificato tutto e sapeva dove trovare le ragazze; naturalmente tredici.
La compagnia si recò al monte Tabor situato accanto all’arco di Porta Romana. Questo “Monte”, altro non era che una collinetta costruita con mattoni e ciottoli provenienti dalle vecchie Mura Spagnole e allestita con uno scivolo in legno dal quale si scendeva con uno slittino alla russa (l’ubicazione esatta è quella delle odierne TermeMilano).
Qui le discrepanze storiche sono evidenti. Secondo il Rovani le ragazze non furono invitate ma addirittura rapite. Tuttavia riuscire a sequestrare tredici ragazze di buona famiglia in poche ore senza destare allarmi risulta alquanto inverosimile. Più probabile che le fanciulle siano state convinte con l’inganno e allettate dall'idea che quella sera a Villa Simonetta si sarebbe tenuta una festa memorabile alla presenza di nobiluomini e dignitari.

 Riccardo Rossetti

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