La milanesità nello spirito e nella comicità di Bramieri

La comicità milanese è stata a lungo una comicità di stampo regionale, ristretta nell'ambito della lombardia. Protagonisti erano il semplice popolano ben rappresentato dalla compagnia dei Legnanesi o il ricco esponente della borghesia locale, con casa nel centro di Milano e seconda casa al lago o in montagna. Chi meglio ne ha personificato il tipo è stato di sicuro Gino Bramieri, mentre per quanto riguarda la donna chi meglio di Franca Valeri, milanese anch'essa?
Non è un caso che i due finiranno per lavorare insieme in "Felicita Colombo" nonché: almeno per quanto riguarda Bramieri finiranno e basta nella sit-com "Norma e Felice". Luigi-Gino-Bramieri nacque a Milano il 20 giugno 1928, e sempre a Milano morirà: per un tumore al pancreas, il 18 giugno 1996, all'età di 68 anni. Era nato in una casa di ringhiera di corso Garibaldi, terzo figlio il cui padre era falegname ed ebanista. Dal banco di falegname passerà alla banca: la Comit di piazza della Scala, all'età di 14 anni, come fattorino. Ben presto Gino preferirà alla banca il banco di prova del teatro, adattandosi a fare un po' di tutto, dal siparista al sarto. A sedici anni, nel 1944, quando la guerra è ancora al suo culmine, il giovane Bramieri debutta nello spettacolo comico "Cretinopoli" (nome adatto alla tragicommedia italiana) con un'unica battuta: "C'è una lettera per te!". Nel frattempo frequenta la scuola serale di ragioneria e in seguito si trasferisce a Genova per lavorare nella compagnia dialettale di Gilberto Govi. Gli anni Cinquanta rappresentarono gli anni del boom per molti italiani e anche per il giovane attore Bramieri, che sempre più lanciato seguita a lavorare in teatro e approda al cinema a partire dal 1953 fino al 1978 con un totale di 35 film. Entra nella neonata Televisione ed è qui, con il nuovo mezzo che conquista sempre più gli italiani, che conquista il pubblico a sua volta con programmi di varietà fra i quali "L'amico del giaguaro", quello che ancora oggi viene più ricordato, un telequiz condotto da Corrado dove Bramieri accanto a Raffaele Pisu e a Marisa Del Frate recita in scenette parodistiche con la partecipazione di altri esponenti del mondo dello spettacolo, tra i quali Mike Bongiorno nella parodia del maggiordomo di "Viale del tramonto". Arrivarono poi nel decennio successivo dei Settanta un aumento di popolarità inversamente proporzionale alla perdita dei molti chili che gli farà acquisire uno charme da uomo maturo (ha superato la quarantina da poco) che lo porterà alla separazione dalla moglie Maria Barbieri sposata a soli vent'anni il 21 giugno 1948. Il mese di giugno ricorre spesso nella sua biografia, perché è in questo mese che era nato, che si è sposato e che infine è morto. Il teatro lo assorbe sempre più, e gli spettacoli: in genere scritti da Terzoli e Vaime e prodotti da Garinei e Giovannini si susseguono a un ritmo annuale. Il cinque febbraio 1981, ecco la catastrofe. Alla guida di una potente auto dal cambio automatico, sbanda ed esce di strada, rimanendo ferito gravemente nel fisico e nello spirito poiché al suo fianco si trovava la brava collega Liana Trouché, sua partner nello spettacolo "Felici e contenti" e moglie dell'attore Aldo Giuffré, la quale muore sul colpo. Bramieri è praticamente convinto di avere concluso la carriera di attore, ma di lì a non molto eccolo riapparire in Tv, alla radio (con il mitico "Batto quattro" e la sua macchietta del Carugati) e a teatro. Ho visto di persona Bramieri al teatro Manzoni di Milano nel varietà "Riuscire a farvi ridere", collage di passati sketch non ancora passati di moda nel cuore e nella mente del pubblico. L'attore durante l'intervallo era solito venire collegato a una flebo, tanto da far esclamare all'amico Enrico Vaime che una sera si recò a trovarlo in camerino: "Gino, ma basta, smettila". Lui però si offendeva, affermando che il teatro e l'affetto del pubblico lo aiutava a star meglio. Non riuscì però a concludere la tournée perché a un certo punto il suo fisico non riuscì più a supportarlo. Venne ricoverato in clinica, dove gli fu portata la registrazione fatta dalla Rai di "Riuscire a farvi ridere" e alcuni nuovi copioni di "Norma e Felice". Poi decise di partecipare alla cerimonia dei Telegatti al teatro Nazionale, ci andò, ricevette il premio dalle mani della sua collega Franca Valeri, cercò di minimizzare la sua situazione ma in seguito si pentì di avere scelto di partecipare alle premiazioni. Ho avuto modo di vedere Bramieri un paio di volte, ospite di programmi Mediaset. E, l'anno in cui morì Gorni Kramer, il 1995, e i funerali furono celebrati nella chiesa di San Babila, io che ero giunto in ritardo notai che l'ultima fila di panche era occupata solo da due signori, uno dei quali con i capelli bianchi. Quest'ultimo - primo in così tante forme di spettacolo - era Gino Bramieri. Davanti a noi si trovava un signore di mezza età, che avevo notato essere inquieto, come indeciso. A un certo punto si decise e si voltò verso l'attore, dicendogli: "Signor Gino, vorrei stringerle la mano". Al che Bramieri gli sorrise e gli diede la mano. Gino Bramieri morirà l'anno dopo, e i suoi funerali saranno celebrati nella basilica milanese di San Nazaro in Brolo. Alla domanda rivolta da Maurizio Costanzo a Pietro Garinei sul perché non riproponesse a teatro "Cielo, mio marito", da lui scritta assieme a Marcello Marchesi, e cavallo di battaglia dell'attore milanese, Garinei rispose: "Perché non c'è più Bramieri." Ed era vero. Non c'è più e mai più ci sarà un attore del calibro di Gino Bramieri, capace di spaziare dal teatro alla Tv alla radio con sempre immutata bravura, simpatico e piacevole da vedere e da ascoltare, il quale sapeva valorizzare i testi scritti per lui e destinati a noi come pubblico.

Antonio Mecca

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