LA SONATA A KREUTZER
- 02 settembre 2019 Cultura
INCIPIT
La primavera era all’inizio. Viaggiavamo già da due lunghe giornate. Nella vettura si avvicendavano persone dirette a mete diverse, ma tre provenivano, come me, fin dalla stazione di partenza del convoglio: una signora d’una certa età e non troppo avvenente, fumatrice, dai lineamenti stanchi, che portava in capo un berretto e indossava un pastrano di taglio quasi maschile; un suo conoscente, uomo ciarliero sulla quarantina, con tutte le sue valige nuove e ben curate; e quindi, un po’ in disparte, un signore non molto alto né anziano, dai movimenti impetuosi, capelli ricci precocemente incanutiti, e gli occhi straordinariamente lucidi e sempre in rapido moto da un oggetto all’altro. Era avvolto in un pastrano vecchio ma di buon taglio, col bavero di montone, e pure di montone era l’alto berretto che portava in capo; sotto il pastrano, quando si sbottonava, s’intravedevano una corta giacca e un camiciotto russo ricamato. Una particolarità di questo signore consisteva in ciò, che di tanto in tanto faceva udire strani suoni, qualcosa di simile a un raschio o a una risatella strozzata. Per tutto il tempo del viaggio egli aveva accuratamente evitato ogni contatto o conoscenza con gli altri viaggiatori; ai tentativi di conversazione dei vicini rispondeva con frasi secche e brevi, e passava le ore a leggere o a fumare guardando dal finestrino, o anche traendo le provviste da una vecchia sacca da viaggio, a bere tè e a mangiare panini imbottiti..
Eppure, avevo l’impressione che quell’isolamento gli pesasse, e qualche volta avrei voluto attaccar discorso con lui; ma sempre che i nostri sguardi s’incontravano, il che accadeva di frequente, dato che eravamo seduti di sbieco l’uno rispetto all’altro, egli volgeva il capo dall’altra parte, e si rimetteva a leggere o a guardare dal finestrino.
FINIS