Le grandi adunanze e i limiti dei social media

Venerdì 15 Marzo si è tenuto in tutto il mondo il “Fridays for future”, una grande manifestazione ambientalista per incoraggiare i governi a prendere una posizione netta e decisa sui cambiamenti climatici.
Una mobilitazione imponente che ha coinvolto 1700 città di 200 paesi, incluso il nostro. A Milano si è parlato di un numero vicino alle 100 mila presenze. Questo tsunami ecologista deve tutto a una ragazzina svedese di nome Greta Thumberg; viso pulito, coraggio invidiabile e determinazione incrollabile. Una guida per tanti giovani e un esempio per gli adulti.
I social network, con la consueta velocità di un proiettile, hanno dato fuoco alle micce e, in men che non si dica, quella che era partita come la protesta silenziosa di un’adolescente solitaria ha coinvolto milioni di persone generando con un'eco globale. Osservare questa moltitudine di ragazzi mentre cercano di prendere in mano il destino del nostro pianeta riempie di speranza e aspettative. Forse potranno davvero salvarci dalla nostra incoscienza e dalla nostra stupidità.

Anche tra il 2010 e il 2011 centinaia di migliaia di giovani si mobilitarono tramite i social media per una scopo altrettanto nobile; si ribellarono contro i loro governi autoritari per ottenere giustizia sociale e diritti civili. Era la Primavera Araba. Dalla Mauritania all'Oman i regimi tremarono: un numero impressionante di persone gremì per giorni le piazze, tra le quali, la più famosa divenne Piazza Tahrir al Cairo. I giovani egiziani ottennero, al prezzo di morti e feriti, le dimissioni del governo e nuove elezioni ma poi, con la velocità con la quale si erano radunati, si dissolsero senza quasi lasciar traccia. I social network, pur avendo favorito l’adunanza di massa, non ebbero la capacità di consolidare i rapporti tra persone di fatto estranee tra loro, prive di un effettivo legame. Coloro che dopo i tumulti continuarono a lottare si resero presto conto di essere rimasti in pochi.

In Egitto, ad oggi, si trovano in carcere, considerano stime molto al ribasso, circa 40.000 giovani, privati di ogni diritto e spogliati della dignità umana. Di circa un migliaio non si sa più nulla; sono stati, e vengono tutt’ora prelevati, poco prima dell’alba nelle proprie abitazioni e sottratti alle loro famiglie da ex criminali al soldo del governo. I ragazzi egiziani stanno morendo nelle prigioni di un paese che volevano cambiare, vittime di un brutale regime militare che ci viene spacciato per una repubblica semipresidenziale: come la Francia, per intenderci. (E noi stiamo tentando di ottenere la verità sull'orribile fine del nostro coraggioso Giulio da una nazione che massacra i suoi stessi figli).

Piazza Tahrir ora è chiusa da enormi blocchi di calcestruzzo e da carri armati per evitare che la gente possa nuovamente radunarsi. Internet e i social media sono costantemente tenuti sotto controllo e chiunque non si conformi al regime è consapevole di rischiare la propria libertà se non la vita. Ma le notizie trapelano comunque grazie ad alcuni giovani che continuano a cambiar dominio in rete o a esuli egiziani che vivono in altri paesi; la stampa estera talvolta se ne occupa, quella italiana decisamente meno. Eppure, nonostante siano trascorsi quasi dieci anni dalle sommosse, il cosiddetto popolo della rete, entità astratta e priva di sostanza, non se ne è più interessato. Nessun tam-tam in internet, nessun cretino flash mob e nemmeno una manifestazione in Europa per i ragazzi egiziani che così tanto aiuto necessiterebbero ma che sono stati dimenticati e abbandonati dai loro stessi connazionali e dal mondo. I giovani del 15 marzo 2019 inorgogliscono. Ma quanti ne rimarranno quando si arriverà alla resa dei conti? Quanti, di noi adulti (sempre prodighi di buoni consigli), resteranno sino alla fine al loro fianco? Perché la battaglia alla quale si apprestano può definirsi a dir poco epica; sconfiggere i grandi interessi commerciali delle multinazionali, nemesi storiche di giustizia e verità.

Ai social media si riconoscono tanti meriti ma non saranno mai in grado sostituire la partecipazione diretta, l’abnegazione e il coraggio. Quando si imbocca una strada pericolosa bisogna esserne consapevoli perché non se ne potrà uscire disconnettendosi. Terminate le manifestazioni, conclusi gli eventi mediatici e calato il sipario sulla notizia del giorno, la strada, per coloro che rimarranno sul campo, sarà tutta in salita. Ma la fiducia nelle nuove generazioni è vitale quanto l’aria che più di un secolo di forsennata industrializzazione ci ha sottratto e le nostre speranze sono tutte riposte nelle loro giovani mani. Forza, Greta! Coraggio, ragazzi! Guardatevi negli occhi, organizzatevi sempre meglio e continuate a incontrarvi di persona perché più forte sarà il vostro legame più possibilità avrete di salvare noi tutti.

 

                                                                                                                                                                                                                                                                         Riccardo Rossetti

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