MARZO

Racconto poliziesco di Macc Tony

Un uomo giovane stava avanzando verso di lui. Camminava con passo veloce, elastico, quasi quello di un corridore abituato a percorrere di corsa ogni giorno svariati chilometri. Quando gli si fermò di fronte e Cardona poté squadrarlo con attenzione vide che si trattava di un giovane sulla trentina, un viso dai bei lineamenti e occhi scuri anche per lo stupito dolore che la notizia della morte di Fardelli non aveva mancato di procurargli. Evidentemente doveva averlo già saputo.

- Commissario? Sono Renato Franceschi, piacere – disse porgendogli la mano. – E’ qui per… per la morte di Emanuele?

- Già. L’ha appresa da chi?

- Dal telegiornale. Ero a casa, stavo facendo colazione quando l’ho saputo. Non volevo crederci.

- E’ sempre difficile giustificare la perdita di una vita umana – commentò il poliziotto, partecipe.

- Quella morte, poi… Morire così: ucciso con quella violenza, quella ferocia… Sembrò riscuotersi. 

– Venga: andiamo in ufficio.

Cardona lo affiancò accompagnandolo fino a una palazzina di mattoni ocra a due piani, piazzata oltre il bar fronteggiante una serie di statue seminude che molto probabilmente erano state utilizzate in decine di film risalenti a svariati decenni prima. La retorica dei film fascisti che dell’antica Roma avevano preso solo il peggio si era stemperata in film storici che pretendevano – talvolta riuscendoci – di spiegare alle masse il passato glorioso che le aveva generate.

- Ecco: qui è dove lavoriamo alla realizzazione del documentario – disse il ragazzo. – O forse avrei dovuto dire che lavoravamo.

Cardona non disse nulla. Si limitò a seguire il giovane lungo un corridoio e da lì in una stanza che pareva essere, ed infatti era, una sala montaggio. Seguì anche l’invito a sedere, che eseguì accomodandosi su una poltroncina con le rotelle di lucido metallo, probabilmente acciaio. Sembravano pallottole destinate ad antiche armi da fuoco riciclate per consentire lo spostamento di oggetti sul cui ripiano sedersi, o sdraiarsi, o appoggiarsi. Concepite per stendere le persone ora venivano utilizzate per distenderle. Era già questo un simbolo di progresso. Attorno si notavano, sulle pareti, fotografie incorniciate di attori, registi e sceneggiatori – riconobbe fra  questi ultimi che spesso erano i primi nel determinare il successo di un film – Ennio Flaiano con il suo volto dall’espressione intelligente e triste, forse triste perché troppo intelligente, manifesti cinematografici di un passato recente o lontano, copie di sceneggiature. Mentre sopra tavoli o scaffali di legno o di metallo apparecchiature necessarie alla proiezione e al montaggio, moviole e computer, videotape e

pellicole. Franceschi sedette di fronte a Cardona, e disse: - Non avete scoperto ancora nulla?

Il poliziotto si permise un sorriso, uno dei pochi che costellavano la sua giornata tipo la quale non era quasi mai il suo tipo di giornata.

- Non abbiamo scoperto ancora nulla – confessò. – Forse neppure nei film americani sarebbero così veloci.

Il giovane sorrise a sua volta, un sorriso amaro. – Solo uccidere è una questione di velocità – commentò.

- Signor Franceschi, ha un’idea del perché il suo collega sia stato ucciso? Fardelli era solito confidarsi con lei o con qualche altro collega o conoscente?

 - Vorrebbe sapere se si era fatto qualche nemico?

- Infatti.

- Non credo che avesse nemici. Comunque, a me non ha mai confidato nulla.

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